È un mercantile dirottato da “pirati scafisti” verso l’Italia quello che è sbarcato a Malta? Avrebbe dovuto, il mercantile, riportare i naufraghi in Libia, nei lager dai quali a caro prezzo erano riusciti a uscire? Prima di apprendere ulteriori dettagli sulla vicenda, e vedere come si evolve, ricordiamo che non è la prima volta che un gruppo di migranti riesce a far cambiare rotta a una nave che li salva sì dal naufragio ma per riportarli nell’inferno libico.

C’è un precedente, anzi una vicenda giudiziaria in pieno corso in Italia, di cui tutti o quasi ci siamo dimenticati, sballottati come siamo dalle notizie e dai colpi di scena. Si tratta di due africani – un sudanese e un ghanese – accusati di aver costretto l’equipaggio di un mercantile (anche quello un mercantile, ma con bandiera italiana), il Vox Thalassa, a fare rotta verso l’Italia anziché verso la Libia.

Il caso è noto come nave Diciotti numero uno, con arrivo al porto di Trapani, a luglio. Salvini aveva detto che potevano sbarcare solo in manette, invece sbarcarono tutti a piede libero, ma due di loro nei giorni seguenti vennero arrestati. Sono in carcere da luglio e ora sono sotto processo. Accusati di violenza minacce e favoreggiamento della immigrazione clandestina. Si chiamano Ibrahim e Amid. In altri casi, in altri contesti, se fossero più capaci di comunicare, sarebbero considerati degli eroi: se il merito (o la colpa?) è di loro due, hanno evitato a 67 persone di essere riportate nei lager libici. E invece giacciono dimenticati nel carcere di Trapani, e nessuno, neanche dei politici solidali, è andato a visitarli. Col rito abbreviato non c’è la possibilità di discutere testimonianze.

Per fortuna il Gup di Trapani che si occupa del loro caso sembra fornito di buon senso. Nella prima udienza del 28 febbraio ha deciso di chiedere all’Unhcr, al Commissariato dell’Onu per i rifugiati, di fornire documentazione sulla situazione in Libia. Sembra aprirsi dunque la possibilità di riconoscere che – persino se si dimostrasse che hanno commesso violenze – hanno protestato e/o agito per una necessità grave. Se hanno capeggiato la protesta che ha evitato a 67 persone di essere riportate nei lager libici come dovrebbero essere considerati? Favoreggiatori della propria e altrui “immigrazione clandestina” o eroi? Il nuovo caso che si è aperto con l’arresto di cinque migranti “rivoltosi” sul mercantile che dal triste destino libico è stato “dirottato” a Malta sembra analogo. Come la pensano governo e magistratura maltesi? Anche per loro, come per il governo italiano, ma non per la magistratura italiana, i porti libici sono sicuri? E se non sono sicuri si può riconoscere lo stato di necessità di chi si ribella a essere riportato nell’inferno?

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