Per il Movimento è stata un’altra settimana di passione. È iniziata con il sorpasso del Pd nei sondaggi; è proseguita con il caso Mare Jonio, subito disinnescato dal Prof. Avv. Giuseppe Conte, e la chiusura del caso Diciotti, con la possibile perdita della maggioranza al Senato in caso di espulsione delle senatrici dissidenti. Non s’è fatto in tempo a tirare un respiro di sollievo per la fiducia rinnovata al ministro Toninelli, e la via crucis è ricominciata con il caso De Vito, e gli avvoltoi che tornano a volteggiare sopra la giunta Raggi.

Nelle ultime interviste, così, il capo politico Di Maio s’è visto costretto a rimettere in discussione uno dei capisaldi dell’alleanza con la Lega: la delega in bianco a Salvini delle questioni relative a sicurezza & immigrazione. Di qui la proposta di un non meglio precisato «modello statunitense», che credo voglia dire soprattutto il coordinamento dei ministeri competenti, e quindi il ritiro della delega in bianco al ministro degli Interni. Il quale, infatti, ha subito risposto a muso duro che lui preferisce il modello italiano, e anche – segnatevelo – che il modello di sicurezza statunitense si distingue soprattutto per le stragi nelle scuole.

Non è male, invece, l’idea di Di Maio. Dopotutto, ogni barcone di disperati che si presenta al largo della Sicilia si risolve in uno spottone elettorale per Salvini: che subito dichiara «la chiusura dei porti», alla faccia del povero ministro Toninelli. Soprattutto, ogni episodio del genere si risolve in un serio rischio per l’alleanza di governo: con il Prof. Avv. Conte che s’inventa ogni volta una soluzione diversa, e sempre più risicata. Ma allora, perché non regolare una volta per tutte i protocolli da seguire in caso di sbarco?

Non è che le regole non ci siano: anzi, ce n’è un fottio, ma proprio questo è il problema. Naturalmente c’è la Costituzione, specie l’art. 10, che stabilisce il diritto di asilo per i profughi; ci sono le convenzioni internazionali sul salvataggio in mare, con l’obbligo di portare le persone salvate nel più vicino posto sicuro, che non è certo la Libia attuale; c’è il quarto protocollo alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che vieta i respingimenti collettivi, perché non permettono di accertare chi ha diritto all’asilo.

Dunque, basterebbe proporre una legge che, ribaditi i princìpi costituzionali e internazionali, regoli chiaramente la procedura di sbarco, fissando una volta per tutte chi deve fare cosa: specie le competenze rispettive del ministro degli Interni e dei Trasporti, che così a occhio non sembrano chiarissime. Soluzione non solo ragionevole, ma forse l’unica davvero rispettosa della democrazia parlamentare e dello Stato di diritto. Dove i funzionari pubblici, ministro degli Interni compreso, non s’inventano le regole da seguire ogni volta, ma applicano le leggi e la Costituzione.

Credete che il Movimento proporrà mai una cosa del genere? Se avesse voluto, lo avrebbe fatto già nel cosiddetto Decreto sicurezza, che invece cerca solo di complicare la vita ai migranti e a chi si occupa dell’accoglienza. Ma soprattutto, se lo facesse, un minuto dopo il ministro degli Interni se ne andrebbe sbattendo la porta, scandendo qualcosa del genere: ma come, io ho rispettato il vostro territorio di caccia, votando obtorto collo il reddito di cittadinanza, e voi non rispettate il mio, togliendomi i miei spottoni elettorali? Così, tutto sommato, al Movimento conviene fare buon viso a cattivo gioco e rassegnarsi, dinanzi a ogni nuovo sbarco, a fare la parte del poliziotto buono che cerca di rabbonire il poliziotto cattivo. Contando sempre, naturalmente, sull’inesauribile inventiva del Prof. Avv. Giuseppe Conte.

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