Hanno aiutato a pulire dal fango la città di Ormea colpita dall’alluvione nel 2016, ma entro la fine dell’anno rischiano di diventare illegali a causa del decreto sicurezza. È il destino di nove migranti che vivono da tre anni nel piccolo comune montano di 1600 abitanti al confine tra il Piemonte e la Liguria. La maggior parte di loro è arrivata qui nel 2015 e nel corso di questi anni ha imparato ad usare la motosega e a pulire i boschi: “Lo Stato ha speso dei soldi in questi anni per formare dei lavoratori che potessero svolgere dei mestieri che i nostri giovani non fanno più – racconta il sindaco del Pd Giorgio Ferraris – ma oggi a causa del decreto sicurezza che ha cancellato la protezione umanitaria queste persone rischiano di diventare illegali pur avendo un lavoro”

I primi richiedenti asilo in questa valle sono arrivati nel 2015 attirando le attenzioni di un grande albergatore interessato ad aprire un centro. Un tentativo che viene fermato sul nascere dall’amministrazione: “Avevamo visto che in esperienze simili gestite da privati qui in zona i ragazzi erano lasciati allo sbando per tutto il giorno senza fare niente. Così ci siamo proposti per una gestione pubblica”. In autunno, la vecchia casa di riposo del paese viene trasformata in un Centro di Accoglienza Straordinario che apre le porte a 35 persone. Fin da subito, il centro pone l’attenzione sulla formazione lavorativa. Vengono organizzati corsi per imparare i mestieri di salvaguardia e mantenimento dei boschi.

“Abbiamo trasmesso loro dei saperi millenari che non possiamo più trasmettere ai nostri giovani che magari vanno a lavorare in città” ricorda Ettore Bozzolo, della cooperativa la Volpe e il Mirtillo. Attraverso il lavoro i richiedenti asilo diventano parte della comunità: “All’inizio non è stato facile – ricorda Isidor, camerunense, da tre anni ad Ormea – ma abbiamo studiato duro per mesi e oggi ci sentiamo parte di questa comunità, anche nei momenti di maggiore difficoltà”. Come quando nel 2016 l’alluvione colpisce con forza Ormea e Garessio: “Ero molto stupito dalla forza dei fiumi – ricorda Nosa, nigeriano – ma ci siamo messi al lavoro per oltre un mese ripulendo il paese, i parchi e le aree giochi per i bambini”. Un aiuto fondamentale per la comunità: “Senza di loro non saremmo riusciti a ripristinare i danni al territorio e alla viabilità” osserva il Sindaco che in questi anni è stato anche criticato da una parte dei cittadini per la scelta di aprire il centro.

Nel 2016, durante un comizio nella zona, un abitante di Ormea porge un cartello al leader della Lega Matteo Salvini. Sul cartello c’è scritto “Ad Ormea i rifugiati sono una risorsa (ha detto il sig. sindaco) lo possono testimoniare le tr**e del posto che fino ad ora…”. Il leader della Lega scherza e si fa fotografare insieme al cartello. Una foto che viene fuori solo due anni dopo, ma che scatena la reazione delle donne di Ormea: “Quel cartello è un’offesa sia a noi donne sia ai migranti – racconta Cinzia, portavoce del movimento spontaneo #donnediormea – queste persone sono un valore per questo paese perché ci hanno aiutato”. Oggi la maggior parte dei ragazzi ospitati dal centro lavora nella cooperativa agricola di comunità La Volpe e il Mirtillo, nata nell’aprile del 2018, da alcuni migranti e da alcuni lavoratori italiani. Il lavoro principale è quello di contrasto dell’abbandono del terreno e del recupero dei sentieri, un mestiere che i giovani del paese non fanno più che si sarebbe perso senza la presenza di questi ragazzi: ”Se io ho insegnato a Isidor a fare questi lavori e poi è costretto ad andarsene per colpa di una legge – conclude Ettore – ci rimette non solo lui che è scappato dal suo paese, ma ci rimetterà tutta la comunità”.

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