Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è a Genova per la cerimonia di commemorazione di Guido Rossa, il sindacalista ucciso 40 anni fa dalle Brigate Rosse. “Ha pagato con la sua famiglia il prezzo supremo di chi ha voluto tener fede al valore della Repubblica che in Genova e nelle sue fabbriche ha trovato la Resistenza”, ha detto il capo dello Stato. “Il terrorismo si denifisce da solo per quello che è: un attacco vile alle persone, alla loro dignità e alla vita, un tentativo di abbattere le istituzioni poste a salvaguardia di tutti. Guido Rossa seppe battersi per tutti, anche per chi preferiva fingere di non vedere”. “A decenni di distanza, quell’impegno non può dirsi del tutto concluso – ha aggiunto Mattarella -. L’azione delle istituzioni per ristabilire piena luce, dove questa è ancora lacunosa, non può fermarsi. Così come una definitiva chiusura di quella pagina richiede che sia resa compiuta giustizia, con ogni atto utile affinché rendano testimonianza e scontino la pena loro comminata quanti si sono macchiati di gravi reati e si sono sottratti con la fuga alla sua esecuzione”. “Ancora ci chiediamo come sia potuto accadere. Ed è un interrogativo attuale per una democrazia che voglia saper vivere e affrontare le proprie contraddizioni, per impedire che forze oscure avvertano nuovamente la tentazione di tornare all’attacco“.

Il Capo dello Stato è stato accolto all’aeroporto dalla prefetto Fiamma Spena, dal governatore della Liguria Giovanni Toti e dal sindaco Marco Bucci, da esponenti del sindacato e dalle autorità militari e civili e poi ha raggiunto l’ex stabilimento Ilva di Cornigliano dove è in corso la commemorazione. Prima dell’incontro ufficiale, Mattarella ha partecipato ad una cerimonia privata all’interno dell’officina dello stabilimento, insieme alla figlia Sabina Rossa, le istituzioni locali, i sindacati e il presidente dell’associazione italiana vittime del terrorismo. “Dobbiamo dire grazie al presidente della Repubblica per essere qui questa mattina, dobbiamo ricordare perché la memoria è futuro e qui c’è la storia tragica ma incredibile di un sindacalista che ha lottato contro le Br e che ha avuto il coraggio di denunciare”, ha detto il segretario del Pd Maurizio Martina

E proprio nel giorno dei 40 anni dalla morte di Rossa, è apparsa una scritta su un muro in Salita Santa Brigida, nel centro storico di Genova, a pochi metri dalla targa alla memoria di Francesco Coco, il magistrato ucciso nel capoluogo ligure insieme a due agenti di scorta nel 1976: “Guido Rossa infame”, si legge. Sullo stesso muro sono state trovate altre due scritte con i nomi dei terroristi “Mara Cagol, Tino Viel e Gianfranco Zola vivono” e un’ultima contro un giornalista, “Marco Peschiera, sciacallo”. “Oggi preferisco non parlare“, ha commentato la figlia, Sabrina Rossa. Sull’accaduto indaga la Digos.

Chi era Guido Rossa – Guido Rossa aveva 44 anni. Veneto d’origine, era comunista e sindacalista della Cgil, eletto nel consiglio di fabbrica all’Italsider di Genova Cornigliano, quella che diventerà l’Ilva, la grande acciaieria italiana luogo di importanti lotte dei lavoratori.  Il 25 ottobre 1978 vicino alla macchinetta distributrice di caffè dell’Italsider viene trovata la copia dell’ultima risoluzione strategica delle Br. Rossa nota un rigonfiamento sotto la giacca di un operaio addetto alla parte amministrativa dell’Italsider che spesso indugiava vicino alla macchina e segnala il fatto alla vigilanza aziendale. All’uscita, una nuova copia della risoluzione brigatista viene ritrovata su una finestra. Si scopre che nell’armadietto di Francesco Berardi ci sono documenti brigatisti, volantini di rivendicazione e fogli con appunti e targhe d’auto. Guido Rossa decide di denunciarlo. Berardi cerca di fuggire ma viene fermato dalla vigilanza della fabbrica e si dichiara prigioniero politico, viene consegnato ai carabinieri e arrestato. Guido Rossa testimonia al processo e Berardi viene condannato a quattro anni e mezzo di reclusione. Morirà in carcere.

Rossa rinuncia alla scorta decisa proprio dalla vigilanza della Italsider. Quel giorno il sindacalista esce di casa per andare a lavorare: un commando composto da Riccardo ‘Pol Pot’ Dura, che guidava la Colonna Genovese delle Br, Vincenzo Guagliardo e Lorenzo Carpi lo aspetta. Gagliardo gli spara con una Beretta 81 tre colpi alle gambe. Il quarto colpo, sparato dallo stesso Dura, buca il cuore del sindacalista e lo uccide. Sono le 6.40 del 24 gennaio 1979.

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