È stata rinviata al prossimo 23 gennaio l’udienza del processo d’appello a Umberto Bossi, il figlio Renzo e l’ex tesoriere della Lega, Francesco Belsito. I tre sono accusati di appropriazione indebita per aver destinato a spese personali parte dei fondi del partito. Nel luglio del 2017 in primo grado il senatur è stato condannato a due anni e tre mesi di reclusione, il “trota” a un anno e mezzo e Belsito a due anni e sei mesi.

Il legittimo impedimento – Il processo di secondo grado è stato rinviato perché il legale di Renzo Bossi, l’avvocato Carlo Beltrani, ha chiesto il legittimo impedimento: l’11 gennaio ha subito un’operazione con una prognosi di 6 o 7 giorni, e dunque non ha potuto partecipare all’udienza. I giudici, invece, hanno respinto la richiesta di Umberto Bossi, assistito dall’avvocato Domenico Mariani, di separare il processo del fondatore della Lega da quello del figlio e di Belsito.

L’istanza di stralcio – L’istanza di stralcio, alla quale si è opposto il sostituto procuratore generale, Maria Pia Gualtieri, è motivata dal fatto che la Lega non ha presentato querela nei confronti del suo fondatore e del figlio: un atto indispensabile per celebrare il dibattimento in quanto per il reato contestato, in base a una norma varata dal governo Gentiloni, non si può più procedere d’ufficio. La querela è stata presentata solo nei confronti di Belsito ma non dei Bossi. Era il motivo per cui l’udienza di oggi era attesa: e invece bisognerà attendere il 23 gennaio per sapere se effettivamente Salvini ha salvato i Bossi. Per i giudici al momento è necessaria la “trattazione unitaria” del procedimento per una questione di economia processuale.

La querela ad personam – La querela della Lega è arrivata a tre giorni dal termine ultimo che avrebbe fatto estinguere tutte le accuse, fissato per il 30 novembre scorso.  Solo che l’avvocato Roberto Zingari  ha sì depositato una denuncia alla cancelleria della IV corte d’appello di Milano, ma soltanto contro Belsito, e per i soli capi di imputazione contestati all’ex tesoriere. Una querela ad personam, che avrà l’effetto di risparmiare probabilmente un’altra condanna a Umberto e Renzo Bossi. Perché senza querela il processo per il fondatore e quello che doveva essere il suo delfino – anzi la sua “trota” – è destinato all’estinzione. E Salvini avrà mantenuto fede agli impegni presi “graziando” il senatur. Come raccontato dal fattoquotidiano.it, esiste una scrittura privata firmata nel 2014 che impegnava l’attuale segretario a tutelare il padre del Carroccio, travolto dalle inchieste giudiziarie ma ancora molto influente tra i leghisti duri e puri. 

Le contestazioni fuori dalla querela – Per l’accusa tra il 2009 e il 2011 Bossi avrebbe speso oltre 208mila euro con i fondi del partito, il trota più di 145mila euro: in particolare migliaia di euro in multe, tremila euro di assicurazione auto, 48mila euro per comprare un’auto, una Audi A6, e 77mila euro per la ‘laurea albanese’. Sono tutte contesazioni rimaste fuori dalla querelama contenute dal capo 1 al capo 20.Ci sono multe, una cartella di Equitalia, l’acquisto di una Audi A6, la laurea per Bossi jr presso l’università Kristal di Tirana per un totale di 145.524, 28 euro. Dal capo 21 al capo 69 troviamo le altre contestazioni per Bossi senior, Riccardo Bossi e sempre l’ex amministratore: anche in questo caso troviamo tante contravvenzioni, bonifici, assegni, contratto di leasing di una Bmw X5, soldi per il mantenimento per la moglie di Riccardo, riparazioni in carrozzeria, un abbonamento Sky e pure lespese per il veterinario: totale 157.993, 13. Dal capo 70 al capo 85 troviamo i soldi rubati dalle casse della Lega per pagare altre multe, una cartella esattoriale, il pagamento di una fattura di spese mediche per il figlio Sirio, i lavori di ristrutturazione della villa di Gemonio, abbigliamento vario (fra cui le mutande), gioielli, un regalo di nozze, assegni vari e anche il dentista ovver

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