Volendo ridurre l’analisi a un livello brutale, si potrebbe dire che sarebbe bastato uno spray urticante a uccidere 6 persone, ennesima tragedia italiana dell’irresponsabilità. Ma tra il pulsante che schiacciato sparge e la balaustra che pressata cede, c’è un enzima che trasforma il piccolo allarme in follia collettiva. Il terrorismo che ha marcato gli anni più recenti della contemporaneità, ha ucciso di nuovo anche in Italia e l’ha fatto senza sparare un colpo ma sfruttando il suo significato originario di azione che suscita paura.

Radicata in testa dalle immagini tv, pronta a sprigionarsi senza controllo al minimo sentore. Impossibile non cogliere un collegamento tra Bataclan, il concerto di Ariana Grande di Manchester e la Lanterna Azzurra; tra Londra, Bruxelles e la Torino bianconera in Piazza San Carlo per la finale di Champions. Anche lì bastò l’innesco non di una bomba ma della paura a far deflagrare il terrore di massa, le corse, la calca e le sirene delle ambulanze. Il panico è sufficiente a far diventare una folla carnefice di se stessa. È un istinto, e in quanto tale difficilmente controllabile. È un istinto, e in quanto tale però facilmente prevedibile.

Il terrorismo, che in Italia fa di nuovo vittime tra una generazione crescita con i suoi spauracchi su Youtube, senza sparare ci lascia senza insegnamenti. Gli attentati di cui il resto d’Europa è vittima ci hanno spinti a potenziare l’intelligence e i piantoni, non a prendere davvero coscienza delle trappole qualunque in cui ci infiliamo spesso e volentieri. I cocci di vetro di Torino, i biglietti oltre i limiti di Corinaldo ne sono la prova, ma decine di altre se ne possono trovare, per dirne una, in discoteche asfissianti. I concerti di Capodanno, con cui un’Italia che non deve fermarsi fa bene a festeggiare, non ne siano altri esempi.

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