Una delle più importanti compagnie assicurative americane, la John Hancock, ha introdotto un optional sorprendente per chi acquista le sue polizze sanitarie. Consiste in un trattamento di favore per i clienti disposti a farsi controllare, giorno dopo giorno, le condizioni di salute attraverso speciali app e appositi smartwatch, cioè orologini in grado di monitorare in tempo reale i dati vitali di un soggetto.

Funzionerà, più o meno, così: il piccolo dispositivo portatile comunica alla compagnia tutte le informazioni indispensabili per capire se una persona conduce uno stile di vita sano e salutare (quanto si allena, quali alimenti compra, come si nutre, che medicinali assume). Chi accetta il “piccolo sacrificio” ottiene forti sconti (fino al 15 per cento) sul pacchetto di polizze vita e salute. Insomma, ci troviamo di fronte a una specie di scatola nera per esseri umani, simile a quella già oggi disponibile per gli autoveicoli. Nelle nostre vetture, come noto, è possibile installare dei marchingegni destinati a registrarne i valori, la velocità, i consumi, le manovre in qualsiasi momento della circolazione. In Italia, la legge prevede degli sconti assicurativi per gli automobilisti disponibili a farsi montare la scatola nera.

Nel caso della John Hancock si parla, però, di un vero e proprio salto nel futuro: l’oggetto del monitoraggio non è più la macchina, ma l’uomo. E le implicazioni sono assai più estese e inquietanti. Prescindiamo, per un attimo, dai problemi più evidenti (l’ulteriore e invasiva modalità di controllo stile Grande Fratello) e concentriamoci su quelli meno manifesti, ma forse più gravi, riguardanti la salute del cittadino. Innanzitutto, la mole enorme di big data di cui una compagnia entrerà in possesso potrà consentirle, in qualsiasi momento, di rincarare i costi di polizza o di recedere dalla copertura assicurativa per giusta causa. Se ho assicurato una persona sana, non appena avrò notizia del deterioramento delle sue condizioni biologiche potrò, a seconda della loro gravità, aumentare il prezzo del contratto o, addirittura, mandare una bella disdetta togliendomi dai piedi un cliente scomodo.

Si tratta poi, ovviamente, di una innovazione pensata per i benestanti: quelli che possono permettersi i costi settimanali di un training atletico o aerobico e di una alimentazione sofisticata. Infine, c’è l’aspetto privacy: i dati sulla salute delle persone costituiscono, di per se stessi, un business nel grande business della cosiddetta white economy; a chi possono essere veicolati, o addirittura venduti? Chi garantisce sulla loro tutela? Concludendo, possiamo affermare che questa novità, spacciata come un toccasana per le tasche del consumatore, moltiplica all’ennesima potenza tutti i difetti delle polizze sanitarie.

Attualmente, quelle disponibili sul mercato italiano (anche senza la scatola nera della John Hancock) hanno, in piccolo, tutte le caratteristiche di cui sopra: 1) sono rivolte a chi sta bene economicamente (e può permettersi di pagare i relativi premi); 2) sono rivolte a chi è sano: se ti ammali, ti arriva la disdetta e – se non hai fatto attenzione nel compilare il questionario preliminare alla stipula – potrebbero addirittura negarti l’indennizzo; 3) sono rivolte soprattutto a chi ha un curriculum sanitario immacolato. Ed è per questo che le compagnie sono così interessate ai dati sensibili non solo dei clienti effettivi, cioè di chi ha già sottoscritto la polizza, ma di tutti i potenziali clienti: in modo da selezionarli all’ingresso, per così dire.

In definitiva, che fare? In primo luogo, nel caso di stipula di una polizza, chiedere sempre un prodotto che non sia a rischi nominati: dev’essere oggetto di copertura assicurativa qualsiasi patologia tranne quelle espressamente escluse dalla polizza. In secondo luogo, chiedere sempre un prodotto a vita intera: significa che la compagnia non potrà darvi il benservito nel caso in cui vi ammaliate. Infine, prestare sempre attenzione alle franchigie (cioè a quelle soglie monetarie minime – spesso assai elevate – sotto le quali la polizza non copre) e alle convenzioni (cioè all’obbligo che vi fanno assumere contrattualmente, di rivolgervi solo alle cliniche convenzionate con la compagnia, togliendovi quindi la possibilità di scelta).

Attenzione, però. Queste minime cautele ci aiuteranno a eludere le piccole fregature, ma non quella più grande: la progressiva privatizzazione del nostro Sistema sanitario nazionale che è ancora oggi uno dei migliori del mondo, nonostante la politica di tagli sistematici e indiscriminati degli ultimi anni.

di Francesco Carraro e Massimo Quezel 

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