“Fino a che livello può essere arrivato il depistaggio? Io lo chiedo al generale dell’Arma Giovanni Nistri. Vorrei che dicesse qualcosa: se il problema sono Casamassima, Rosati e Tedesco o se è molto più ampio e di diversa natura”. A rivendicarlo è stato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi, dopo la nuova udienza del processo bis in corso alla prima Corte d’Assise del Tribunale di Roma. Tutto mentre l’inchiesta si allarga ancora, risalendo la scala gerarchica dei carabinieri. Perché, secondo la procura di Roma, l’insabbiamento sulla morte di Stefano Cucchi era arrivato ai vertici dell’Arma nella Capitale.

Già Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, dopo l’incontro al ministero della Difesa, aveva bocciato quanto detto da Nistri, il numero uno dell’Arma: “Mi sarei aspettata non dico delle scuse, perché avrebbe potuto essere per lui troppo imbarazzante, ma certo non 45 minuti di sproloquio contro Casamassima, Rosati e Tedesco, gli unici tre pubblici ufficiali che hanno deciso di rompere il muro di omertà nel mio processo”.

Ora, dopo quanto sottolineato dal pm Giovanni Musarò in udienza (“Storia piena di falsi, indirizzate prove in modo scientifico verso innocenti” e, ancora, “la modifica dell’annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi non fu frutto di una decisione estemporanea e autonoma di un militare, ma l’esecuzione di un ordine veicolato dal comando di stazione, che a sua volta recepì un ordine dal comandante di Compagnia, che a sua volta aveva recepito un comando dal gruppo”, ndr), Anselmo e la famiglia Cucchi rilanciano. “Vorrei spiegazioni per me e per la famiglia Cucchi, così come per tutti gli italiani. Mentre noi facciamo processi, succedono cose che non dovrebbero accadere, con protagoniste persone diverse dagli imputati”, ha rivendicato il legale. Per Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, invece “ci sono più responsabilità di quanto potessi immaginare, questo mi fa anche paura”

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Stefano Cucchi, il carabiniere alla centrale operativa: “Magari morisse, li mortacci sua”

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