Almeno tre migranti sono morti durante la marcia verso gli Stati Uniti. Anche loro camminavano dentro quella marea umana di oltre 7mila persone partita dall’Honduras il 13 ottobre e diretta negli Stati Uniti. Un fiume di persone che allarma Trump: nel pieno della campagna elettorale per le elezioni di midterm, il presidente Usa ha promesso di inviare alla frontiera tutti i militari necessari e ha minacciato di tagliare gli aiuti a Guatemala, Honduras e El Salvador per non avere fermato la carovana.

L’ultima vittima è un uomo, apparentemente morto per problemi respiratori e disidratazione e che finora non è stato identificato: è stato trovato senza vita sulla strada che da Tapachula conduce a Huixtla nel Messico meridionale. Un migrante 25enne aveva invece perso la vita lunedì, dopo essere caduto da un veicolo in movimento, hanno sempre riferito le autorità messicane. E sabato, hanno invece detto le autorità del Guatemala, è morto un migrante di nazionalità honduregna. Anche per lui le circostanze erano simili. Secondo le Nazioni Unite, la carovana è composta da circa 7.300 persone. La maggior parte dei migranti hanno attraversato illegalmente la frontiera tra Guatemala e Messico e hanno proseguito il loro viaggio, nonostante le autorità messicane abbiano avvertito che chiunque sarà trovato senza i necessari documenti sarà espulso dal Paese.

E il flusso di migranti diventa tema politico anche nel Messico di Lopez Obrador, primo presidente del paese di centrosinistra. Il futuro capo della diplomazia Marcelo Ebrard ha promesso che il Paese investirà di più in America centrale per provare ad arginare l’afflusso di arrivi nella regione. “Abbiamo un flusso di migranti dell’America centrale verso il Messico, di mezzo milione di persone, è uno dei più grandi al mondo, e cambieremo in modo considerevole la politica del Messico sull’immigrazione”, ha detto Ebrard dopo un colloquio con Chrystia Freeland, la ministra degli Esteri del Canada. “Vogliamo dare più visti di lavoro, investire in Honduras, Guatemala e Salvador. Stiamo già lavorando con loro su queste questioni”, ha detto in conferenza stampa a Ottawa. Intanto sale anche la preoccupazione dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), che ha inviato in questi giorni personale e risorse nei Paesi interessati. Per l’agenzia si tratta di una situazione “in rapido sviluppo” e con rischi per la sicurezza in generale e per “i possibili rapimenti nelle aree in cui la carovana potrebbe avventurarsi”.

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