Birra, grembiulino blu e foto con i Kastelruther spatzen, la band di musica folk sudtirolese più conosciuta in Alto Adige. È il Matteo Salvini in versione “Südtirol zuerst”, tedeschizzazione del motto “prima gli italiani”. Un’invasione di campo nella politica bolzanina che racconta meglio di qualsiasi altra immagine quanto le elezioni provinciali in Trentino Alto Adige siano importanti soprattutto per la Lega, tanto da avere la priorità nell’agenda del vicepremier anche rispetto agli attriti in maggioranza sul decreto fiscale. Quello di domenica 21 ottobre potrebbe essere un voto storico per gli equilibri che da decenni determinano la politica nella regione delle Autonomie speciali. A Trento per la prima volta gli autonomisti rischiano di finire all’opposizione, battuti da un centrodestra compatto a guida Carroccio. A Bolzano invece la Lega corre da sola e aspira a diventare il partner di governo della Svp (Südtiroler Volkspartei), il partito popolare dei sudtirolesi di madrelingua tedesca storico all’alleato, fino ad ora, del Partito democratico.

Trentini e altoatesini voteranno per rinnovare i loro consigli provinciali e, nel caso di Trento, per scegliere il nuovo presidente. Nelle due Province autonome è prevista infatti ancora l’elezione diretta, visto che è la somma dei due consigli provinciali a formare poi quello regionale. Il voto sarà anche la prima vera prova elettorale per Movimento 5 Stelle e Lega da quando sono insieme al governo. Se però per i pentastellati che non hanno mai sfondato in regione sarebbe già un bel risultato doppiare le preferenze di cinque anni fa (2,5% in Alto Adige, 5,8% in Trentino), per il Carroccio è arrivato il momento di completare l’egemonia nel Nord-est, dopo la vittoria di Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia.

In ballo non c’è solo il dominio politico, ma anche la possibilità di mettere le mani su uno dei più importanti contesti economici del Paese. Basti pensare al tesoretto rappresentato dalla concessione dell’autostrada A22 che salvo sorprese il Mit affiderà ancora ad Autobrennero, società partecipata dagli stessi enti locali. Un altro esempio, la possibilità di completare la Valdastico (A31), progetto al quale il governatore del Veneto, Luca Zaia (sempre Lega), non ha mai rinunciato, senza però trovare sponda nei vicini.

Per questo gli oppositori della Lega in Trentino hanno puntato sullo spauracchio della “venetizzazione” della Provincia, paventando il rischio di una Trento sottomessa a Verona e controllata da Milano e dal governo. Mentre in Alto Adige sono stati i partiti di destra, abbandonati dalla Lega prima della corsa al voto, a evidenziare l’incoerenza di un’alleanza tra il Carroccio e la Svp, tacciata di difendere esclusivamente gli interessi degli abitanti di madrelingua tedesca. Ma Salvini in questo momento, pur di mettere le mani sul Nord-est, potrebbe digerire anche un’alleanza con chi solo qualche mese fa era il nemico perché con i suoi voti aiutava Maria Elena Boschi a essere eletta in Parlamento.

LO SCENARIO IN TRENTINO
Proprio mentre il 4 marzo scorso la Boschi veniva mandata a Roma grazie ai voti Svp nel collegio di Bolzano, lo spoglio delle schede in Trentino sanciva il rilancio della Lega con più del 19% dei consensi. Sette mesi dopo la Provincia considerata una delle poche roccaforti del centrosinistra al Nord rischia di crollare, a cinque anni dal 58% con cui Ugo Rossi, allora candidato dell’alleanza tra Pd e autonomisti, era stato eletto presidente. Come già successo in Liguria e poi in Friuli, ora il centrodestra compatto dietro al nome del leghista Maurizio Fugatti può credere nel ribaltone.

A completare il suicidio politico ci ha pensato il centrosinistra stesso: la coalizione che aveva stravinto nel 2013 si è infatti sfaldata. Il presidente uscente Rossi ha scelto di correre da solo con il suo Patt (Partito autonomista trentino tirolese), mentre il Pd lo ha scaricato e ha scelto il senatore renziano Giorgio Tonini, trovando però solamente l’appoggio di Upt (Unione per il Trentino) e Futura 2018.

Il centrodestra sente odore di vittoria e in Trentino sono arrivati, oltre a Salvini, anche gli altri leader: Giorgia Meloni e perfino Silvio Berlusconi, convinto dalla coordinatrice regionale Michaela Biancofiore a tornare nel capoluogo dieci anni dopo l’ultima visita. Il vero obiettivo è superare il 40%, la soglia che assegna il premio di maggioranza. Molto dipenderà anche dal risultato del M5s che presenta ancora come candidato Filippo Degasperi, ma può puntare sulla spinta di Riccardo Fraccaro, diventato ministro per i rapporti con il Parlamento. Alle politiche i Cinquestelle arrivarono al 19,2% dei voti: la vera vittoria sarebbe riconfermare il risultato alle provinciali.

LO SCENARIO IN ALTO ADIGE
Il tour di Salvini però non si è fermato in Trentino, ma ha puntato forte anche sull’Alto Adige. E così ritorna l’immagine del vicepremier intento a fare selfie alla festa popolare di Castelrotto, tra Lederhosen e Dirndl (i vestiti tipici tirolesi). A Bolzano non c’è nessuna chance di scalfire il predominio della Svp e la riconferma del presidente Arno Kompatscher è quasi scontata. Ma scalzare il Pd dal ruolo di partner nella giunta sarebbe altrettanto importante quanto vincere in Trentino. E permetterebbe alla Lega di avere di conseguenza il controllo anche del consiglio regionale.

Per questo il Carroccio ha deciso presto di sbarazzarsi di Forza Italia e Fdi, troppo duri contro le politiche della Svp, e spianare la strada a un’alleanza post-urne nel nome di una Lega che ha sempre avuto a cuore “specificità e autonomie”, come ha ribadito Salvini alla piazza bolzanina, e quindi può digerire anche uno storico alleato del Pd. Non è detto però che l’operazione vada a buon fine. Anzi, proprio l’ultima del vicepremier a una festa tipicamente sudtirolese come quella di Castelrotto ha ravvivato le tensioni interne alla Svp rispetto a una possibile intesa.

Il partito popolare sudtirolese avrebbe certamente buon gioco a scegliere come interlocutore un partito che a Roma governa, piuttosto che un Pd ancora in attesa di ripartire dopo il tonfo alle elezioni. Ma la distanza su alcuni temi, in primis l’Unione europea e la gestione delle frontiere, lascia tutto ancora in bilico. Lo ha chiarito l’Obmann Philipp Achammer in un’intervista sulle pagine amiche del Dolomiten: “Durante la sua recente visita in Alto Adige, Salvini ha dimostrato di capire poco della nostra terra”, ha sentenziato, parlando di un accordo “non scontato”.

Il Pd di Alessandro Huber deve invece sperare di riuscire a replicare il risultato di cinque anni fa e ottenere i due seggi necessari a garantire la maggioranza: a quel punto per la Svp sarebbe difficile mettere i democratici alla porta. Ma l’ipotesi più probabile resta quella di una obbligata svolta a destra e per questo nelle ultime settimane gli esponenti della Stella Alpina e quelli della Lega, con a capo il coordinatore regionale Massimo Bessone, si sono incontrati più volte, provando a gettare le basi per l’accordo post-elettorale.

A promuovere questa ipotesi è anche il consigliere ex M5s Paul Köllensperger: “La Svp ci ha messo poco a rottamare con grande nonchalance il Pd e la Boschi”. Proprio l’addio di Köllensperger, che ha scelto di correre con una sua lista, costa caro ai Cinquestelle, indeboliti dalla perdita del loro volto più rappresentativo in una Provincia dove subiscono anche la concorrenza dei Verdi. Il partito ecologista, un po’ come in Baviera, sarà anche l’argine all’ascesa dei populismi di destra indipendentisti, rappresentati da Freiheitlichen e Süd-Tiroler Freiheit.

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