Non ho mai usato toni da piazza, né come giornalista né come donna, soprattutto sull’argomento di questo blog, le famiglie omogenitoriali. C’è un motivo. Per capire, è il mio parere, occorre ascoltare, e in particolare il tema è delicato, come ogni questione epocale, ogni leva che presume un cambiamento radicale dei paradigmi socioculturali in essere.

Questo è il cartellone comparso a Roma, Milano, Torino, firmato ProVita e Generazione Famiglia:

Un’immagine ruffiana, che fa leva sul senso comune dell’amore per i bambini, i nostri figli, sulla nostra responsabilità di proteggerli. Ruffiana nel senso di accattivante, come lo può essere un gewurztraminer, ossia funzionale. Funziona. Naturalmente, siamo tutti d’accordo che i bambini non sono un prodotto, una merce, e non si comprano. Funziona anche la scelta dei due padri, invece delle due madri, perché riconoscere la genitorialità escludendo la maternità richiede uno sforzo di immaginazione più complesso rispetto a quello necessario per concepire una maternità raddoppiata e senza un padre. Fino a pochi decenni fa, i padri erano poco più che donatori e i figli erano cresciuti dalle donne, mentre gli uomini lavoravano. Esiste già un immaginario di bimbi allevati da donne, dunque, è buio, invece, se pensiamo a due uomini e un bambino.

Cartellone perfetto anche perché si schiera dalla parte delle donne: siamo tutti d’accordo che le donne non vadano sfruttate, abusate, usate (almeno a parole, visto che poi in privato le picchiamo, le uccidiamo…). La dizione gergale di “utero in affitto” sottolinea questo e lo risalta. Tanto che Toni Brandi, presidente di ProVita, ha dichiarato: “La nostra iniziativa intende sottolineare ciò che non si dice e non si fa vedere dell’utero in affitto, perché noi siamo dalla parte dei più deboli, i bambini, ma anche per la salute delle donne, trattate come schiave e ignare dei rischi per la salute a cui si espongono”. E Jacopo Coghe di Generazione famiglia, promotore del Family day, ha aggiunto: “L’utero in affitto è vietato in Italia e i bambini non si comprano perché sono soggetti di diritto e non oggetti. Con l’utero in affitto la dignità delle donne viene calpestata per accontentare l’egoismo dei ricchi committenti. Dall’immagine si vede bene cosa manca a questo bambino: la mamma”.

C’è solo un elemento distonico e mi riferisco al fatto che esistono molti bambini che hanno per genitori due papà: quei bambini non sono calcolati. Del resto la negazione fa parte dello stile del ministro della Famiglia, che dichiarò che le famiglie omogenitoriali non esistono. Probabilmente l’elisione è data dal fatto che questi bambini e ragazzi ad oggi sono ancora pochi, quindi non fanno parte della larga maggioranza dei bambini italiani.

Mi chiedo come mai esponenti di associazioni che si occupano di tali temi (dunque immagino con una certa competenza in materia di bioetica e Co.) non usino terminologie corrette (utero in affitto si dice Gestazione per altri, ad esempio, abbreviato comunemente in Gpa, mentre in tutto il resto del mondo si usa “surrogacy“), non considerino la rassicurante letteratura scientifica planetaria degli ultimi 40 anni (unanime sul tema famiglie omogenitoriali e bambini in famiglie omogenitoriali) e nemmeno le legislazioni internazionali sulla Gpa, molte delle quali trattano le donne come soggetti senzienti e ne rispettano la volontà, offrendo loro tra l’altro tutele straordinarie, non solo sul piano del consenso informato, ma soprattutto su quello sanitario e lavorativo.

Perché ad esempio, non si parla del Canada e di vari altri Paesi dove le donatrici e le portatrici non sono retribuite in termini di compenso economico – eccetto il rimborso delle spese sostenute – ma per il tempo che possono passare con i loro figli (le portatrici, per poter accedere alla Gpa, devono necessariamente avere figli propri, Nb), dato che il datore di lavoro ha l’obbligo di pagare il loro stipendio per tutto l’arco necessario della gravidanza donativa. Perché non si dice che l’85% delle coppie che accedono alla Gpa sono eterosessuali? Perché quei due uomini col carrello sono i mostri che sfruttano le donne e comprano i bambini mentre Nicole Kidman, Sarah Jessica Parker, Cristiano Ronaldo (& Co) restano i divi di sempre?

Io credo che in ballo ci sia un’angoscia sociale, soprattutto italiana, che risponde al senso di minaccia su un nervo scoperto, che è quello dell’identità. Il povero Papa non c’entra, lui fa il suo dovere, recitando mantra ovviamente anacronistici, dato che prega un Dio che legifera oltre lo spazio e il tempo. Del resto, se l’angoscia tutta italiana fosse una risposta in difesa del nostro cattolicesimo, stessa strada avrebbe percorso la Spagna, non vi pare?

Io credo che la nostra angoscia derivi da un’identità di per sé labile, da una storia recente, da una unità che vanta poco più di un paio di secoli, da un’accozzaglia di popoli che sono sempre stati insieme malvolentieri, dal fatto di essere a penzoloni nel mare, da sempre territorio dalle scorribande di tutti gli abitanti del Mediterraneo e non solo. E allora? Che ne sarà di noi se le tradizioni cambiano, se i punti fermi tremano, se spariscono le madri e le loro rappresentazioni?

L’evento epocale, secondo me, non sono le nuove famiglie. L’evento epocale è la possibilità di manipolare la vita, da una parte, e la comparse dei padri, dall’altra. Se la nascita, infatti, si dissocia dalla copula, dal mito genetico, e diventa un puro desiderio, un concepimento mentale (come Atena che nasce da Zeus, o Pinocchio da Geppetto), altro che il cognome o il battesimo a difenderci dall’angoscia della sparizione di una certa genitorialità! Non solo: dagli anni 70 in poi, i padri hanno cominciato a fare i padri, a cambiare i pannolini, a farsi vivi coi pediatri, ad aiutare le madri nell’allevamento dei figli. Sono diventati care giver al pari delle madri. Sono cambiati i ruoli, sono cambiati i maschi, i loro desideri, la loro identità.

Facciamoci coraggio e aiutiamo chi è più lento a masticare la contemporaneità. Come stanno già facendo, per esempio, le associazioni Lgbt+ che una settimana fa si sono riunite alla Camera dei deputati (un incontro promosso dalla deputata di LeU Rossella Muroni) per la composizione di un intergruppo parlamentare a difesa dei diritti, delle libertà e dell’uguaglianza.

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