Partito Democratico e Forza Italia non riescono a fare “un’opposizione politica” e quindi “i loro giornali creano terrorismo mediatico per far schizzare lo spread”. Ne è convinto il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio che sul Blog delle Stelle commenta i titoli e gli articoli di fondo dei principali quotidiani. Secondo Di Maio in questo modo Pd, Forza Italia e “i loro giornali” sperano “in un altro colpo di Stato finanziario” (“altro” probabilmente è dovuto al fatto che viene dato per scontato che lo fu quello che nel 2011 portò alle dimissioni l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi). Per Di Maio, quindi, Pd e Forza Italia sono “irresponsabili nemici dell’Italia“. “Ma nonostante il loro cinico impegno – assicura il ministro dello Sviluppo e del Lavoro – lo spread non è schizzato perchè gli investitori tutto questo lo sanno”. Di Maio nell’intervento sul blog del M5s sottolinea che “tutti i giornali di partito hanno dichiarato guerra alla ‘Manovra del popolo’ perché fissa il deficit per il prossimo anno al 2,4%. Il Pd nel 2014 ha fissato il deficit al 3%, nel 2015 al 2,6%, nel 2016 al 2,5%, nel 2017 al 2,4% e l’anno scorso al 2%. Nessuno ha mai fiatato nonostante questo deficit non sia servito a nulla perché i governi del Pd non hanno fatto deficit per i cittadini, ma per i loro interessi e mancette elettorali”. I “giornali di partito” a cui fa riferimento Di Maio sono Corriere, Repubblica, La Stampa e Il Giornale, mentre tra i titoli citati ci sono quelli degli interventi sui vari quotidiani del senatore a vita Mario Monti, dell’economista Lucrezia Reichlin, del costituzionalista Michele Ainis e dell’economista Mario Deaglio. La risposta, dalla manifestazione di piazza del Popolo ma attraverso twitter,  arriva dall’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi: “Di Maio deve giustificare il flop della manovra di bilancio e parla di terrorismo mediatico. Andiamo con ordine Gigino: quella dei media si chiama informazione. Il terrorismo è quello dei brigatisti e degli estremisti. La tua invece si chiama solo cialtronaggine #PiazzadelPopolo”.

Sul piano politico, però, all’indomani dell’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha raccomandato equilibrio con i conti, Di Maio assicura che “in Italia c’è un governo forte, compatto e destinato a durare che ha il consenso popolare più alto d’Europa e che fa gli interessi del Paese”. Il ministro dello Sviluppo rivendica che l’esecutivo M5s-Lega ha “stravolto tutto”. “Abbiamo messo al primo posto l’interesse dei comuni cittadini – ribadisce – andando a intaccare gli interessi di partito che ormai restano difesi soltanto dai tecnocrati piazzati dai partiti all’interno dei ministeri. La nostra manovra è per la crescita della ricchezza dell’Italia. Economisti del calibro di Giovanni Dosi hanno detto che con la Manovra del Popolo e il deficit al 2,4% l’economia reale crescerà”.

Alle rassicurazioni di Di Maio si aggiungono quelle del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, oggi intervistato dal Corriere della Sera, che risponde a distanza all’intervento di ieri del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sui precetti costituzionali degli equilibri di bilancio. Quei principi, dice Conte, “sono linee-guida che qualcunque governo responsabile deve tenere da conto: questi principi non impongono, tuttavia, di rinunciare a esprimere una politica economica e di finanza pubblica interpretando i bisogni dei cittadini in base ai differenti cicli economici”. Anche Conte, come Tria (che da domani vedrà prima i ministri dei Paesi della zona euro e poi tutti i ministri dell’Ue, è convinto che l’Unione Europea potrà giudicare in modo meno inquieto la legge di Bilancio che verrà: “Ci attiveremo per spiegare i dettagli della manovra ai vari interlocutori europei oltreché agli investitori. E’ presto per giudicare l’accoglienza della manovra. Al momento c’è molta attesa per conoscere i dettagli, ma noi siamo consapevoli di avere lavorato con serietà, responsabilità e forte progettualità“.

C’è però chi nel governo sa che tutto questo (l’approvazione della nota del Def e le prime reazioni) sono solo il “primo tempo”, come dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti. Da una parte “dall’esperienza dobbiamo trarre insegnamenti”, dice Giorgetti richiamando il 2011, cioè le dimissioni di Berlusconi sull’onda della caduta verticale della fiducia e della credibilità dell’esecutivo allora in carica. “Se questo governo è inviso a certi ambienti – spiega meglio Giorgetti – può darsi che qualcuno lo voglia mettere in difficoltà, a prescindere dal 2,4%. E allora ricordiamoci che dobbiamo pur andare sui mercati a vendere i titoli di Stato”. Anche Giorgetti – come Tria – usa la parola “scommessa”. Ma precisa che tutto è ancora in corso: “Se i risultati non saranno positivi, potrebbero essere adottati dei meccanismi di correzione automatica sulla spesa, per non scardinare i conti pubblici”. Quanto alla possibilità di rivedere il 2,4%, “se qualcosa non funzionerà, ripeto, interverremo“. Descritto – anche nelle cronache del consiglio dei ministri sulla nota al Def – come un freno al ritmo rutilante di Salvini e dei Cinquestelle, accusato di avere troppi legami con i cosiddetti “poteri forti”, alla domanda sui festeggiamenti dei ministri M5s sul balcone di Palazzo Chigi Giorgetti risponde che “l’unica immagine che voglio conservare di quella sera è la processione dei fedeli” di una chiesetta di fronte alla sede del governo: “Mi ha fatto pensare alle processioni di quand’ero bambino, al mio paese”. Per il resto, su quell’esultanza, “non avrei fatto la stessa cosa”. Perché? “Abbiamo concluso il primo tempo. Ora c’è il secondo, la manovra, ci sarà la sessione di bilancio. La partita ancora è lunga”. Rassicura: “Io so perché siamo lì, perché la gente ci ha votato”, ma “il mio è spirito di collaborazione: voglio solo evitare che si commettano gli errori che altri hanno commesso in passato”.

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