Il duro scontro tra l’asse Di Maio-Salvini e il ministro dell’Economia Giovanni Tria sul Documento di economia e finanza (Def) è terminato con la decisione di far salire il deficit nel 2019 al 2,4% del Pil. Una forzatura, quella portata avanti dai due vicepremier, rispetto alla quale il titolare del dicastero di Viale XX Settembre aveva cercato per giorni di fare argine, prima fissando il tetto a quota 1,6%, poi tentando di restare sotto la quota del 2%. Invano. Così, di fatto, la scelta di Salvini e Di Maio ha finito per delegittimare lo stesso Tria e la sua credibilità.

Eppure, in casa M5s si è provato a minimizzare quanto accaduto. “Abbiamo lavorato insieme a Tria, in modo tale che i numeri fossero coerenti con la costruzione di un programma che funziona. Anche lui é convinto della narrazione di questo governo”, ha replicato la viceministra all’Economia Laura Castelli. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Barbara Lezzi, ministra per il Sud, che ha tagliato corto: “Non ci sono sconfitti. Se ci sono ministri che hanno posizioni diverse e poi si raggiunge un punto di caduta, a vincere sono i cittadini”. Certo, ora c’è il rischio di come i mercati possano reagire al deficit al 2,4%. Ma è la stessa Castelli a mostrarsi convinta che lo spread non sia un pericolo: “Credo che per un paio di giorni ci potrebbero essere aumenti fisiologici, ma quando poi racconteremo i dettagli del documento, lo spread scenderà”, si è detta sicura la viceministra dell’Economia.

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