La scuola elementare divisa in due: da una parte i figli dei migranti, dall’altra i figli dei ricchi. Accade in Cina, a Suzhou, città del Jiangsu che si trova sul Fiume Azzurro e che è nota come la “Venezia d’Oriente” per via dei suoi canali. Ora però ulteriore fama potrebbe arrivare dall’ennesima forma di discriminazione nei confronti dei lavoratori migranti. Come riporta in cinese The Paper, pubblicazione ufficiale della municipalità di Shanghai, la segregazione avviene in uno storico istituto di Suzhou. A essere diviso in due è il campus: da un lato 800 studenti provenienti da famiglie di lavoratori migranti, dall’altro i 400 che alle spalle hanno ricche famiglie locali, proprietarie di costosi appartamenti vicino alla scuola.

La decisione di separare gli studenti è arrivata per effetto delle critiche di quei genitori che non gradiscono che i propri figli siano costretti a dividere le preziose risorse scolastiche con i bambini provenienti da famiglie meno abbienti e privi di hukou, il certificato di residenza che indica l’esatta località di nascita e di registrazione di ogni cittadino cinese, garantendo tutta una serie di servizi, dal diritto all’educazione alle cure mediche a patto che l’individuo usufruisca di tali servizi esclusivamente nella zona di residenza ufficiale.

Gli alunni di Suzhou, che hanno tra gli 8 e i 12 anni, un tempo erano iscritti alla scuola elementare privata Lixin, un istituto nato per accogliere un numero sempre maggiore di figli di migranti. L’istituto però è chiuso e gli oltre 800 ragazzini sono stati ricollocati nella più vicina struttura in grado di ospitare un così alto numero di iscritti: l’esclusiva scuola elementare sperimentale Qixi, fondata nel 1906, chiusa nel 2008 e riaperta nel 2016 in una nuova area della città. L’accesso è estremamente selettivo e limitato solo a chi è in possesso di regolari documenti di residenza e d’altra parte in Cina gli studenti fin da bambini vengono assegnati a precise scuole in base alla vicinanza con la propria abitazione. E’ per questo che i prezzi delle case vicine ai quartieri che ospitano scuole elitarie sono saliti alle stelle. I governi delle principali città – tra cui Pechino, Shanghai, Guangzhou ed altre città di prima fascia – sono corsi ai ripari cercando di limitare il più possibile i costi esorbitanti degli immobili.

E così a fine agosto, quando ha cominciato a trapelare la notizia che figli di lavoratori migranti privi di hukou, sono nati i primi problemi. I parenti degli studenti che hanno acquistato abitazioni vicino alla scuola Qixi, il cui prezzo al metro quadro si aggira attorno ai 3500 euro, si sono sentiti traditi da una amministrazione che ha concesso a figli di migranti di frequentare lo stesso istituto. Intervistata da Sixth Tone, una donna che ha preferito mantenere l’anonimato per evitare ripercussioni sul figlio, si è detta contrariata poiché “se all’inizio i ragazzi venivano accettati previo possesso di regolare hukou e dell’atto di proprietà dell’immobile, ora il successo accademico dei nostri figli è messo in pericolo da studenti non qualificati”. Altri genitori si sono detti amareggiati poiché è “ingiusto nei confronti di chi ha investito tanto”.

Per tutta risposta Jiang Lijun, preside della scuola, ha promesso non solo di innalzare barriere per tenere il campus segregato, ma anche di creare regole apposite affinché gli studenti utilizzino spazi comuni, come i campi da calcio, in orari differenti così da evitare una qualunque forma di contatto fisico e visivo tra i figli dei poveri e quelli dei ricchi.

Negli ultimi giorni il caso ha raggiunto portata virale sui social, dove gli utenti si sono lanciati contro la decisione del preside e la mancanza di umanità dei genitori. Da anni in Cina la condizione precaria dei lavoratori migranti e delle loro famiglie crea tensioni continue tra i cittadini e le amministrazioni locali, colpevoli di non essere in grado di far fronte alle richieste di aiuto dei più deboli. I due principali ostacoli che i migranti devono affrontare nelle città sono l’impossibilità di garantire un’educazione minima per i loro figli, e la difficoltà nell’usufruire di un sistema minimo di assistenza sociale. La situazione è leggermente migliorata a seguito dell’apertura di scuole gestite dai migranti stessi, ma la qualità dell’educazione e la sicurezza delle scuole sono ancora motivo di grande preoccupazione. Molti di questi istituti sono resi inaccessibili dalla polizia, sia per motivi di sicurezza sia per utilizzo di spazi pubblici non autorizzati.

Un utente su Weibo, il Twitter cinese, ha definito il sistema di registrazione familiare come un nuovo “Muro di Berlino“. Altri hanno simpatizzato con i genitori degli studenti iscritti alla Qinxi, sostenendo che “pur avendo speso i risparmi di una vita per garantire un’educazione migliore ai propri figli, alla fine si sono dovuti arrendere a condividere gli spazi con chi è privo dei requisiti minimi”. Il preside ha affermato che “la scelta di accogliere gli 800 figli dei lavoratori migranti è stata dettata dalla volontà di garantire il diritto a un’educazione accessibile a tutti”, nella speranza che i genitori degli studenti attualmente iscritti comprendano la situazione e supportino questa decisione.

Il successo della Cina del domani dipenderà anche dall’efficacia e dalla capacità di chi governa di venire incontro ai più deboli. Indubbiamente Pechino si è mossa su più fronti per sostenere la causa della popolazione migrante, ma fenomeni come la segregazione all’interno di istituti scolastici, lo sfruttamento della manodopera a basso costo, la distruzione delle abitazioni dei migranti nelle periferie cittadine e il sistema dell’hukou, probabilmente necessario ma crudele nei suoi risvolti, rendono arduo il compito delle autorità locali di riappacificare i diversi gruppi che compongono la complessa realtà cinese.

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