Quanto è facile fare i pronostici, certe volte. Hanno detto di no. Lo hanno detto per bocca del capo dello Stato ma – come ha ammesso lui stesso – sono stati i mercati i veri poteri forti che oggi plasticamente si ergono contro il verdetto di un voto popolare. Esattamente come accadde in Grecia, questa volta senza (per ora) neppure il bisogno di chiudere i bancomat e gettare il paese nella mendicità. Ma accadrà, inevitabilmente. Perché Sergio Mattarella ha fatto “all in” mettendo sul tavolo degli italiani i loro risparmi, i loro mutui, tutto l’armamentario usato nel’altra crisi (quella NapolitanoMonti) che al cospetto di questa scolorisce, come una banale pièce da vaudeville.

La presa di posizione politica, senza precedenti, di Mattarella equivale – se mi consentite l’esagerazione (mica tanto) – a quello che sarebbe accaduto in caso di vittoria del Pci all’epoca dei blocchi. È una Gladio economica. Il voto è libero ma il suo esito non può che rimanere nei binari che ci sono stati assegnati e di cui il Presidente si è fatto garante iersera con i partner europei. In questo Mattarella ha giocato con spregiudicata correttezza. Ha chiamato il bluff di Matteo Salvini e quello meno consapevole di Luigi Di Maio: voi non avete chiesto il voto degli italiani per l’uscita dall’euro, ma le vostre politiche portano inevitabilmente (?) a questo. Adesso dovrete fare campagna elettorale su questo (se ne avete il fegato) e vedere se gli italiani sono disposti a seguirvi.

È un calcolo rischiosissimo. Perché se davvero Mattarella avesse avuto a cuore le sorti dello spread, per usare un termine ormai comprensibile a chiunque, tutto avrebbe dovuto fare meno che indire una sorta di referendum senza scadenza temporale sulla partecipazione del paese alla moneta unica e, chissà, forse alla stessa Unione. E la scelta di Carlo Cottarelli, l’uomo della spending review, è una ancora più esplicita dichiarazione di voto del Quirinale, al limite della provocazione.

Da qui all’esito delle prossime politiche, sondaggi e mercati, dichiarazioni e rating andranno in un folle volo parallelo che probabilmente neppure Mario Draghi avrà la forza di neutralizzare. Una operazione shock and awe analoga a quella che non piegò il popolo greco ma piegò Alexīs Tsipras proprio perché (a differenza di Gianīs Varoufakīs) il premier di Atene non aveva davvero la volontà di portare il gioco fino in fondo.

Ora, per evitare che quanto accaduto per ottemperare formalmente al rispetto di una parte della Costituzione non finisca (se già non l’ha fatto) per sfregiare l’articolo 1, Mattarella dovrà indire al più presto un voto che sarà certamente il più importante dal referendum sulla Repubblica dal 18 aprile 1948. Perché saranno di fronte due concezioni inevitabilmente e inconciliabilmente opposte. La sovranità nazionale contro gli impegni internazionali, la democrazia popolare di oggi contro le decisioni dei governi passati. Ieri, dopo tante false partenze, è nata la Seconda Repubblica (quella vera). Nel dramma istituzionale.

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