Meno di 5mila abitanti e circa 3 milioni di metri cubi liberi pronti a ingoiare spazzatura. Tra le colline della provincia di Pisa si trova una delle discariche di rifiuti urbani più grandi della Toscana. Ma quello del paese di Peccioli – l’accento va sulla “e” aperta – più che un semplice invaso per la monnezza è un sistema nel quale gli utili vanno a finanziare cultura e welfare, ma soprattutto opere pubbliche. Per chi lo santifica è il modello perfetto che produce benefici per il territorio. Per i detrattori una bolla in cui a pagare il prezzo più alto sono i cittadini, prima di tutto in termini di trasparenza. In un intreccio costante tra Belvedere, la società per azioni a controllo pubblico che gestisce il sito, e il Comune, con il sindaco Renzo Macelloni a fare anello di collegamento: dal 1988 ha alternato la carica di primo cittadino (prima in quota Pci, poi Ds e infine con una lista civica) a quella di amministratore delegato e presidente della discarica. Il “sistema Peccioli”  adesso è finito sotto la lente della procura di Pisa: le indagini sono partite a seguito di una delibera messa agli atti come approvata dal consiglio comunale, ma che in realtà non sarebbe mai passata dall’assemblea. Da qui l’inchiesta potrebbe allargarsi anche agli affidamenti comunali e ai rapporti tra l’amministrazione e la spa.

Grazie alla discarica nascono parcheggi e piazza coperta
L’atto approvato dal consiglio di fatto chiude al referendum chiesto nel 2016 dal comitato Partecipazione opere pubbliche, contrario a due nuove infrastrutture che il Comune vuole realizzare. Dopo il parcheggio multipiano da oltre 200 posti, i cinque centri polifunzionali, l’incubatore di imprese e l’albergo-ristorante, infatti, il Comune ha deciso di fare la copertura della piazza nella frazione di Fabbrica e di collegare il borgo ai parcheggi con una passerella in acciaio lunga 135 metri. “In questa legislatura investiamo tra i 25 e i 30 milioni di euro, creando occupazione e infrastrutture. Le opere pubbliche sono indispensabili per salvare il centro storico”, spiega il sindaco a ilfatto.it. La passerella costerà almeno 1,5 milioni di euro, coperti con una sponsorizzazione della Belvedere, l’azienda della discarica. La Soprintendenza ai beni culturali l’aveva giudicata “eccessivamente impattante” invitando a “valutare altre soluzioni”, ma il progetto è andato avanti. Il referendum è stato negato perché, tra le altre cose, “il procedimento amministrativo per i due progetti è già giunto al termine”, e “il regolamento di partecipazione non norma l’iter procedurale del referendum abrogativo”, come ha scritto il sindaco al difensore civico regionale, che lo sollecitava a dare seguito alla richiesta dei suoi cittadini.

Il confronto tra sindaco, opposizioni e cittadini è complicato. “In un’assemblea pubblica – denuncia il presidente del comitato Pop Magdi Nassar – il sindaco mi ha strappato di mano il microfono e le copie della lettera del difensore civico che stavo distribuendo, gridandomi ‘Ti devi curare’, ‘Sei uno sciocco’, ‘Sei un bambino bizzoso’. La discussione è costantemente portata a quel livello, il che rende tutto molto umiliante per chiunque abbia una opinione diversa dalla sua”. La raccolta firme promossa da circa 350 persone della piccola Fabbrica per dire no alla piazza coperta è stata rispedita al mittente. Per il sindaco “oggi c’è la cultura del contro, ma anche l’opposizione va saputa fare. Noi facciamo opere per rafforzare il centro storico, nessuno mi ha ancora proposto una soluzione alternativa​”.

Il Comune si fa imprenditore: il “sistema Peccioli”
È lui, Renzo Macelloni, 68 anni, la figura attorno a cui ruota tutto il “sistema Peccioli”, come lui stesso lo definisce. Nato qui, sindaco dal 1988 al 2004 e poi di nuovo a partire dal 2014, nel frattempo ha fatto l’ad e il presidente della Belvedere, mentre il primo cittadino dal 2004 al 2014 è stato Silvano Crecchi, ex vicesindaco di Macelloni e oggi, a sua volta, presidente del cda dell’azienda dell’impianto di rifiuti. “La partita della discarica l’abbiamo aperta nel 1990 con il Comune. All’epoca doveva essere chiusa, mentre Firenze aveva fermato il termovalorizzatore e portava i rifiuti al Sud. Riuscii a convincere la Regione, che ci dette 4 miliardi di lire. Li usammo per bonificare il vecchio sito e mettere poi una parte delle volumetrie a servizio dell’emergenza regionale rifiuti, dando il via a una gestione industriale”. Il Comune così si è fatto imprenditore, innescando un meccanismo che oggi gli frutta tra i 7 e gli 8 milioni di euro all’anno. “Tra Comune e Belvedere c’è contiguità di interessi”, aggiunge Macelloni. L’Antitrust lo chiama “capitalismo municipale”, evidenziandone però anche i potenziali rischi: “Implica che, in quanto azionista, l’ente locale condivida l’obiettivo di massimizzazione del profitto dell’impresa e possa eventualmente agire, non necessariamente per rappresentare e tutelare l’interesse collettivo inciso dall’attività dell’impresa, ma quello proprio di socio-amministratore”.

Il sindaco dipendente dell’azienda della discarica: “Non c’è incompatibilità”
Ma in questo sistema descritto come circuito virtuoso vale la pena osservare anche qualche dettaglio. Per esempio: “Lo stesso Macelloni continua ad affiancare all’incarico pubblico di primo cittadino quello di dipendente della Belvedere, guida anche una berlina che risulta intestata alla società”, denuncia a ilfatto.it il consigliere di opposizione Davide Castagni Fabbri. “In punta di diritto lavoro ancora per la Belvedere – conferma il sindaco – ma è successo perché mi sono candidato di corsa e perché il cda decise di farmi rimanere a supporto. Non ci sono problemi di incompatibilità”.

Dall’altra parte la sovrapposizione tra azienda che gestisce la discarica e Comune è quasi totale. La spa è di proprietà del Comune al 64 per cento, mentre il restante 36 fa capo a 900 piccoli azionisti, in gran parte residenti nel paese. Anche questo aspetto viene considerato un elemento positivo del “sistema Peccioli”, ma mettere in mano ai cittadini un terzo delle azioni basta davvero a tutelare l’interesse pubblico? L’accordo preliminare del 31 marzo 2014, per esempio, prevede che il Comune si assumerà “la responsabilità della gestione post mortem” della discarica. “Il rischio d’impresa viene totalmente scaricato sulla collettività  e il Comune non accantona nemmeno le risorse per la chiusura del sito​”​,​ dice il comitato cittadino. “No, il Comune è una garanzia, i soldi per la gestione post operativa verranno dagli investimenti che facciamo adesso“​,​ ribatte il ​sindaco.

Belvedere golden donor
La società della discarica è nata nel 1997 e negli ultimi anni grazie a un aumento dei rifiuti gestiti ha visto lievitare gli utili da 1,6 milioni del 2014 a 4,8 milioni del 2016, con un fatturato passato da 15 a ben 32 milioni di euro. Una montagna di soldi che le permettono di essere generosa: è tra i golden donor del Fai, figura tra i membri della fondazione Symbola di Ermete Realacci, ecodem ex presidente della commissione Ambiente del Senato e presidente onorario di Legambiente, e compare anche tra gli sponsor del Forum rifiuti della stessa associazione dal 2015. E Belvedere è ancora più benevola nei confronti del suo territorio: nonostante sia una società a controllo pubblico, ha scritto in un avviso di selezione del personale che dà la priorità non solo a chi risiede nella zona, ma soprattutto “agli azionisti o ai parenti di primo grado di un socio dell’azienda”.

Per il ventesimo compleanno della società, alcuni mesi fa, è arrivato anche il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, che ha parlato di “un’esperienza innovativa e virtuosa da esportare in tutto il Paese, legata alla grande sfida dell’economia circolare”, dimenticando però che con questa espressione l’Europa intende riciclare e riusare il più possibile, riducendo al minimo i rifiuti in discarica. Una linea lontana dal modello Peccioli, dove nel 2016 la raccolta differenziata era solo al 28 per cento, contro la media regionale del 51 e a fronte di un obiettivo di legge del 65: “Ma ci vuole sempre una visione industriale – sostiene Macelloni – Sulla raccolta differenziata oggi c’è una demagogia di fondo. Qui stiamo stoccando un patrimonio, rifiuti che in futuro quando il sito sarà inertizzato potremo recuperare. Siamo convinti, per esempio, che ci sia parecchio oro“.

L’inchiesta sui fanghi: “Ma i pm dovrebbero stare più attenti”
Prima di scoprire che i rifiuti sono così preziosi, Peccioli era solo un paese agricolo. Oggi i campi ci sono ancora, ma secondo  ‘inchiesta Demetra di Dda di Firenze e carabinieri forestali di cui si attende il rinvio a giudizio, sarebbero stati al centro di smaltimenti illeciti di fanghi tossici. Belvedere e Comune sono completamente estranei. Lo scompiglio creato dalle indagini, però, ha disturbato il sonno del sindaco, che ha commissionato una “campagna di informazione” completa di manifesti: “Abbiamo promosso un’indagine a tappeto, dimostrando che qui non c’è nessun tipo di inquinamento. Bisogna che anche le procure stiano attente a fare le indagini, sennò si fanno grandi polveroni e poi prende forza chi è contro i giudici”.​ I risultati rassicuranti, però, per il consigliere d’opposizione Castag​ni Fabbri “si basano solo su dati medi”.

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