“Finalmente ci sarebbe un interlocutore unico nella gestione dei tavoli di crisi aziendale”. “Sì, ma ci sarebbe anche un sovraccarico di competenze, con il rischio di trascurare tematiche importanti”. Vantaggi e svantaggi della proposta di Luigi Di Maio: una fusione tra i dicasteri dello Sviluppo economico e del Lavoro. “Un super ministero per risolvere i problemi degli italiani e che vada al Movimento 5 stelle”, ha annunciato il capo politico del M5s pochi giorni fa durante un comizio. L’avvocato Aldo Bottini, presidente dell’associazione Avvocati giuslavoristi italiani (Agi), evidenzia l’aspetto positivo del coordinamento dei tavoli di crisi, mentre il suo collega Vincenzo Martino, vicepresidente Agi, mette l’accento su un altro punto: “Temo un affievolirsi dell’impegno sul lavoro, specialmente in una fase in cui, a mio parere, bisognerebbe fare un passo indietro rispetto alle riforme sbagliate fatte dal governo Renzi”.

PRO: LA GESTIONE DELLE CRISI AZIENDALI – Una delle competenze che più ha impegnato ili ministro dello Sviluppo uscente Carlo Calenda è stata la gestione delle crisi aziendali. Da Alitalia a Ilva passando per Alcoa, Aferpi, Embraco, l’ex Fiat di Termini Imerese. “Quotidianamente si devono gestire situazioni di esubero del personale, mobilità, ricollocamento, reindustrializzazione e il ministero ha un ruolo importante e propositivo, oltre a uno strumento rilevante come Invitalia (l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa)”, spiega Bottini. “Su questo punto, che riguarda in particolare noi giuslavoristi – aggiunge – una gestione unitaria e coordinata non può essere che positiva”. Il vantaggio sarebbe quello di avere un unico interlocutore: “Ora bisogna prima trovare un accordo ai tavoli del Mise e poi andare a sentire cosa dice il ministero del Lavoro, per la parte che riguarda per esempio gli ammortizzatori sociali. Se è già lì, si può guadagnare in termini di tempo ed efficienza”, sostiene il presidente Agi. In questo caso, Martino è d’accordo con lui: “E’ un vantaggio evidente”.

CONTRO: IL SOVRACCARICO DI COMPETENZE – “Certo, ci sono le crisi aziendali, ma contemporaneamente anche l’impegno sul welfare, sul reddito di cittadinanza e sulla legislazione del lavoro: mi sembra un impegno troppo gravoso”, sostiene però il vicepresidente Agi. “O Di Maio è superman o la vedo dura”, commenta Martino, che non manca di sottolineare, dal suo punto di vista, la necessità di due personalità differenti: “Serve una competenza specifica sui temi del lavoro – spiega – che è diversa da quella che occorre al Mise, dove si tratta di tematiche più industriali e dove bisognerebbe dare un indirizzo alla programmazione economica. E’ vero che in Italia ciò non avviene da molti anni, ma sarebbe auspicabile un cambiamento”. Il ministero dello Sviluppo economico, competente appunto per la politica industriale – che riguarda in parte la gestione delle crisi aziendali -, si occupa anche di internazionalizzazione, politica energetica e per le comunicazioni. Mentre il dicastero attualmente in mano a Giuliano Poletti si dedica sì a occupazione, tutela del lavoro e sistema previdenziale, ma anche a tutto quel che riguarda le politiche sociali. “E’ chiaro che il Mise oggi comprende pure una serie di competenze che effettivamente con il lavoro c’entrano poco”, sostiene anche Bottini, e c’è quindi “un rischio di disomogeneità e di sovraccarico di compiti”.

L’ATTENZIONE SUI TEMI DEL LAVORO – Per quel che riguarda le competenze del ministero del Lavoro, secondo il presidente Agi, un accorpamento “potrebbe invece essere positivo”. “Anche la parte che riguarda le politiche sociali, quindi il welfare – spiega – ha a che vedere con la gestione delle crisi. Non c’è una distinzione così netta e sarebbe utile che le due funzioni si parlino”. Di tutt’altro parere invece l’avvocato Martino: “Mi preoccupa una minor presenza politica del futuro ministro su temi come la sicurezza del lavoro, la tutela del lavoratore stabile e la lotta al precariato”, spiega. I pentastellati non hanno mai nascosto il loro interesse per il dicastero del Lavoro, dato che sarà quello che si occuperà del reddito di cittadinanza. “Concentrandosi sulle grandi crisi da un lato e dall’altro sul reddito di cittadinanza – sostiene il vicepresidente Agi – si rischia di trascurare altre tematiche importanti del lavoro, a partire da quello che non va del Jobs Act , fino al contrasto al precariato e alla revisione della disciplina sui contratti a termine acausali”. Poi ci sono altri argomenti da affrontare, secondo Martino, come “la regolamentazione della figura dei rider, vedere il caso Foodora, o il ripristino dell’articolo 18“. Di cui però non c’è traccia nel contratto di governo Lega-M5s. “Anche la riforma della Legge Fornero è di competenza del dicastero del Lavoro”. Per fare tutto ciò, secondo l’avvocato giuslavorista, “serve un ministro autorevole che si occupi solo di questo”.

IL DUALISMO TRA LAVORO E INDUSTRIA – Un ministero del Lavoro autonomo esiste in tutti i principali Stati europei, dalla Germania alla Francia passando per la Spagna. In Italia è stato istituito nel 1920, quando con il secondo governo Nitti fu scorporato dal ministero per l’Industria. “Mi colpisce che la Terza Repubblica possa partire facendo sparire la separazione tra industria e lavoro che era stata pensata prima del Fascismo”, commenta Martino. Storicamente, il dicastero del Lavoro è sempre stato in mano a una personalità più vicina ai sindacati, mentre quello dell’Industria a qualcuno vicino al mondo delle imprese e a Confindustria. “Così si era sempre trovato un equilibrio che ha funzionato nella prima e nella seconda Repubblica”, sostiene Martino, secondo cui “un ministero del Lavoro propulsivo, con forte direzione politica, autorevole, può essere ancora utile”. Per il suo collega Bottini invece, questo dualismo tra lavoro e industria “si può ormai superare”. “Anzi, è già abbastanza superato”, conclude il presidente Agi.

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