Governo e legislatura sono agli sgoccioli e chi non ha grandi chance politiche è in cerca di occupazione. Ci ha messo poco a trovarla Ivano Russo, divenuto direttore generale di Confetra, la federazione delle principali associazioni di categoria delle imprese operanti nella logistica, nelle spedizioni, nel terminalismo terrestre e portuale. Quarantenne napoletano, poco noto al grande pubblico, Russo, dopo una disciplinata gavetta nel Pd partenopeo è stato premiato nel 2015 quando Graziano Delrio, da poco chiamato a gestire il dopo-Lupi alle Infrastrutture e Trasporti, lo inserisce nella Segreteria del Ministro.

In un dicastero monstre per competenze, per tre anni Russo, formalmente collaboratore esterno, sarà una sorta di sottosegretario delegato ad occuparsi proprio, guarda caso, della logistica, cappello che riunisce ambiti mediaticamente poco accattivanti ma importantissimi perché complementari ai trasporti veri e propri, specialmente di merci. La materia, ipertecnica, è ostica ma Russo supera l’iniziale diffidenza degli stakeholder e ne diviene l’interlocutore primario.

Il settore ottiene molto: sburocratizzazione, attenzione e incentivi. Ma anche supporto informale (ai limiti del conflitto interistituzionale, si vedano le recenti frizioni fra Ministero e Autorità dei Trasporti) e, quando serve, inerzia, come nel caso del regolamento sulle concessioni portuali: il provvedimento, che per assegnare le concessioni introdurrebbe l’obbligo di gare in luogo della procedura di proroga su istanza del concessionario, promesso da Delrio già a inizio mandato, è rimasto nel cassetto.

Bilancio ritenuto positivo dalla lobby di settore che ha ripetutamente e apertamente elogiato Delrio e appena ingaggiato Russo. Lasciando a chi legge il giudizio sull’opportunità della mossa, sui passaggi fra impiego pubblico e privato esiste però una norma. Il testo unico sul pubblico impiego, infatti, stabilisce che il dipendente pubblico che abbia esercitato poteri autoritativi o negoziali verso soggetti privati, non possa con essi intrattenere rapporti professionali nei 3 anni successivi alla cessazione dell’incarico pubblico. Ad abundantiam, Anac ha dato un’interpretazione molto estensiva alla norma, ricomprendendovi fra gli altri, anche i collaboratori esterni. In caso di violazione, inoltre, l’amministrazione e i privati in questione non possono intrattenere rapporti per tre anni.

Malgrado la ratio lapalissiana, nell’entourage di Delrio quello di Russo non è il primo caso. Un anno fa, dopo otto da presidente del porto di Genova e uno da consulente di Delrio (impegnato particolarmente sulla riforma portuale varata ad agosto 2016) Luigi Merlo ha lasciato Porta Pia per rispondere alle sirene di MSC, secondo gruppo armatoriale al mondo, proprietà del sorrentino Gianluigi Aponte ma saldamente radicato in Svizzera, titolare di interessi enormi in quasi tutti i porti italiani. Genova in primis.

Dopo aver tergiversato per 9 mesi, Anac ad ottobre non ha potuto esimersi dall’accendere un faro sul caso. Ma Merlo e Russo ed eventuali altri commis interessati al passaggio dal regolatore al regolato possono stare sereni: passati 5 mesi, dell’istruttoria si è persa ogni traccia.

 

Riceviamo e pubblichiamo da Ivano Russo

Facciamo riferimento all’articolo apparso sul vostro quotidiano on-line in data 19 marzo 2018 a firma Andrea Moizo, in cui si riferiscono notizie sia sul percorso professionale del sottoscritto, sia su presunte incompatibilità tra l’incarico da me rivestito presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e quello che dovrei andare a ricoprire in seno a Confetra. Innanzitutto, non ho mai svolto alcuna “gavetta politica” nel PD, né napoletano, né altrove. Non ho mai avuto tessere di partito, né ho ricoperto alcun ruolo nel partito democratico e tanto meno effettuato militanza politica. Trovo altresì meritevole di rettifica quanto viene riferito a proposito di presunte incompatibilità tra la mia attività quale collaboratore del Ministro Delrio presso il MIT e quella di direttore generale di Confetra. In primo luogo, è esclusa in radice ogni incompatibilità dell’incarico ai sensi del d.lgs. n. 39/2013 che disciplina, tra l’altro, l’inconferibilità e l’incompatibilità di incarichi per quei soggetti che abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive presso (i) pubbliche amministrazioni, (ii) enti pubblici e (iii) enti di diritto privato in controllo pubblico, visto che né il sottoscritto, né Confetra, rientrano in alcuna delle categorie rispettivamente indicate da tale norma. In secondo luogo, nessuna incompatibilità sussiste neppure rispetto alla disciplina di cui al comma 16-ter dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001: infatti, le preclusioni ivi previste concernono, i soggetti – dipendenti pubblici e non – titolari di incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni che hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali, ma sono limitate ad attività lavorativa o professionale «presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri». Ebbene, Confetra non è né un’azienda privata contraente di alcun Ministero, e tanto meno del MIT, né un ente pubblico o privato controllato, vigilato, finanziato o regolato dal Governo in alcuna forma. Quindi, nessun esercizio di poteri negoziali, né autoritativi tra il MIT e Confetra. Trattandosi di limiti allo svolgimento di attività lavorativa applicabili agli individui, e cioè all’esercizio di un diritto costituzionalmente protetto, ritengo anche che accostamenti o analogie con casi diversi da quello del sottoscritto siano quanto meno azzardati, prima ancora che giuridicamente infondati. E posso anche aggiungere, quale notazione personale, che sto valutando la proposta di Confetra proprio dopo aver attentamente esaminato i profili di incompatibilità previsti dalla legge, avendo anche in passato scartato proposte lavorative che pur avevo ricevuto, proprio nel rispetto delle norme la cui violazione mi viene erroneamente imputata dall’articolo di Andrea Moizo. E che nel frattempo, sempre onde evitare qualsiasi ambiguità, ho comunque già risolto il mio rapporto col MIT, avendo quindi cessato ogni precedente attività. Gli organi di informazione hanno da sempre, e soprattutto in questo momento, un’importante responsabilità sociale. La diffusione di notizie poco attente, e non rispondenti al vero, finisce per tradire questa responsabilità, perché rischia di alimentare conflitti (reali), e non aiutare i cittadini a capire.

Vi ringrazio per lo spazio dedicato a questa rettifica.

Ivano Russo

 

Risponde l’autore

Spiace che Ivano Russo, che ho avuto modo di conoscere e apprezzare personalmente durante la sua collaborazione al MIT, ritenga “poco attente, e non rispondenti al vero” le notizie riportate nel mio articolo, perché naturalmente non lo sono. Premesso che nell’articolo non si parla di “tessere”, “ruolo” o “militanza” nel PD, l’espressione usata, “gavetta politica nel PD”, è semplicemente una sintesi del curriculum di Russo. Estrema ma, dati i limitati spazi di un articolo, necessaria. E, mi sembra, veritiera, dato che vi spiccano 13 anni di incarichi di assistenza a 4 esponenti di punta del PD (Ranieri, Pittella, Nicolais, Napolitano). Quanto alle incompatibilità, nell’articolo non si presume alcunché. Non riguardo al d.lgs 39/2013, mai menzionato, ma neppure riguardo al 165/2001. Nell’articolo se ne ricorda semplicemente l’esistenza, una delle finalità (la disciplina del passaggio dall’impiego pubblico a quello privato) e l’interpretazione data da Anac. Piuttosto estensiva, come detto nell’articolo, anche in merito all’interpretazione dell’espressione “poteri autoritativi e negoziali”. Che l’articolo, ad ogni buon conto, in nessun passaggio sostiene esser stati esercitati nei confronti di Confetra. Spiace, quindi, che mi si accusi infondatamente, ma proprio non vedo dove avrei violato la responsabilità del mio mestiere di cronista.

A.M.

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