di Cristian Giaracuni 

In questi anni, quelli che ne capiscono (commentatori e giornalisti) hanno stabilito che l’unico alleato possibile dei Cinque stelle fosse la Lega, perché anche il Movimento, come la Lega, sarebbe anti-europeista, perché, come la Lega, sarebbe contro gli immigrati, perché, come Lega, sarebbe un movimento populista e antisistema, quindi di destra, magari filofascista. Se uno volesse andare oltre la semplificazione “M5S=Lega”, si chiederebbe su quali punti programmatici dovrebbe basarsi un’eventuale alleanza, a parte la presunta comune etichetta di populismo. E scoprirebbe che i punti di contatto sono praticamente assenti. Per capirlo basterebbe andare a vedere le proposte avanzate dai due partiti durante l’ultima legislatura e ribadite in campagna elettorale. Il reddito di cittadinanza, ad esempio, cavallo di battaglia dei 5stelle da prima che entrassero in Parlamento, per la Lega è fumo negli occhi. Anche se utile ad aiutare gli italiani, ha sempre incontrato l’opposizione di Matteo Salvini, anzi forse proprio per quello, considerando che senza italiani morti di fame l’immigrato farebbe meno paura e la Lega perderebbe il suo core-business.

La Lega, un tempo secessionista, ora si accontenta delle autonomie locali ma guai a parlare con Salvini di accentramento mentre Luigi Di Maio non nega di voler riportare alcune competenze, per esempio in ambito sanitario, in capo ai Ministeri. Sul tema tasse la Lega propone la flat tax, utilissima per far risparmiare i ricchi, che il M5S giudica a fortissimo rischio incostituzionalità, dato il suo evidente contrasto con il principio della progressività sancito dalla Carta. Per i 5stelle si parla soprattutto di lotta totale all’evasione fiscale, mentre la Lega parla di “pace fiscale”, cioè di condono tombale con cui premiare i furbi e penalizzare i soliti fessi.

Mentre i 5stelle chiedono di rafforzare la magistratura e gli strumenti investigativi, tipo l’istituzione dell’”agente provocatore”, la Lega parla, ancora, di separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante.

Almeno sui due capisaldi della presunta affinità ci sarebbe identità di vedute? Macché.
Quanto all’Europa, il M5S non ha mai detto, nemmeno nei periodi più barricaderi, di voler uscire dall’Unione, ma si è limitato a contestare l’euro, e in generale le politiche europee dell’austerità. E il famigerato referendum sull’euro è stato sempre presentato come uno strumento di pressione per modificare gli accordi e i trattati in seno all’Unione, non fuori.
La Lega invece si è sempre dichiarata convintamente anti-euro proponendo un ritorno alla lira e all’autonomia monetaria.

Anche sull’immigrazione le divergenze sono palesi, tanto che spesso Salvini ha accusato i 5stelle di essere “peggio del Pd”: per Salvini l’Italia è vittima di un’invasione incontrollata, quindi l’immigrazione deve essere fermata e i migranti respinti o rimpatriati in blocco.

I 5stelle non hanno mai detto di voler respingere i barconi o di voler rimpatriare tutti indistintamente: hanno sempre parlato di siglare e far rispettare gli accordi bilaterali per favorire il rimpatrio degli immigrati irregolari, di una migliore gestione degli investimenti,  più rapide procedure di identificazione, trattamenti più umani, eliminazione del business delle cooperative con un maggior coinvolgimento dello Stato, più legalità e trasparenza per le Ong. La naturale alleanza profetizzata dai fini analisti sopracitati è quindi semplicemente impossibile e se dopo il voto la Lega dovesse decidere di convergere sui temi dei 5stelle smetterebbe di fare la Lega.

Semmai, la naturale alleanza poteva essere – e dopo il voto di ieri si conferma – con la sinistra di Liberi e Uguali (per la piccola percentuale raggiunta), con cui, almeno sulla carta, i 5stelle condividono gran parte dei loro principi ispiratori, dalla legalità alla tutela dell’ambiente, dalla lotta alle mafie al reddito di cittadinanza, dalla lotta alla corruzione alla reintroduzione dell’art. 18. Sarebbe stata l’unica alleanza possibile se solo quelli de LeU non dessero retta agli opinion leader, offrendosi a Renzi e al centrodestra per il solito agghiacciante governo di scopo.

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