Un proiettile a pallettoni avvolto in un fac simile della scheda elettorale. Il tutto era contenuto in una busta indirizzata al candidato del Movimento 5 stelle Giuseppe D’Ippolito che corre nel collegio uninominale alla Camera di Catanzaro.

Facsimile e cartuccia di fucile sono stati intercettati a Lamezia Terme nel centro meccanografico delle Poste Italiane. Nella busta c’era anche un messaggio intimidatorio per il candidato grillino. La frase è stata scritta in dialetto: “Mo’ vidi mo a funisci” che, in italiano, significa “Adesso vedi di smetterla”. A comunicare le minacce ricevute è stato lo stesso Giuseppe D’Ippolito, avvocato e docente universitario che stamattina è stato informato del rinvenimento dai carabinieri di Lamezia Terme.

È stata disposta la vigilanza della sua abitazione e dello studio legale di cui è titolare nella città in provincia di Catanzaro. Non è escluso che il messaggio intimidatorio possa essere legato ai continui riferimenti che D’Ippolito ha fatto, durante la campagna elettorale, allo scioglimento del Comune di Lamezia Terme per infiltrazioni mafiose e al ruolo politico del centrodestra, vincitore delle amministrative del giugno 2015. Ecco perché al candidato del Movimento Cinque Stelle sarebbe stato anticipato che verrà proposta alla prefettura di Catanzaro anche una tutela personale.

“Non mi lascerò fermare da simili, vigliacchi tentativi di cucirmi la bocca e dall’imbarbarimento della politica che sta caratterizzando questa campagna elettorale”. È il commento di D’Ippolito che ha ricevuto anche la solidarietà dei candidati del M5s Dalila Nesci e Paolo Parentela secondo cui “nessuno bloccherà la denuncia delle collusioni e infiltrazioni mafiose portata avanti dal nostro candidato Giuseppe d’Ippolito e dall’intero Movimento 5stelle. Il grave episodio conferma che il Movimento 5 stelle fa paura, perché il banco può finalmente saltare. Stiamo lottando, e D’Ippolito lo sta facendo con fermo coraggio nel territorio di Lamezia e Catanzaro, contro il sistema delle connivenze”.

Proprio “il tema del rapporto tra ‘ndrangheta e politica”, secondo i due parlamentari uscenti, “era scomparso dalla campagna elettorale, nonostante l’appello del procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho, al controllo delle liste e delle frequentazioni da parte dei singoli partiti. Il punto vero è che, come noto, spesso in Calabria il voto non è affatto libero né democratico. È invece condizionato dalle promesse del potere, che sfrutta il bisogno diffuso, e dalle pressioni della criminalità organizzata, che vuole a palazzo suoi adepti o ambasciatori. Soprattutto di queste pratiche bisogna parlare sino al 4 marzo, invitando i cittadini, al di là dalle sigle di partito, a scegliere chi dà garanzie di moralità e fedeltà alle leggi e istituzioni, cioè chi non ha un passato ambiguo o, peggio, macchiato da vicinanze all’organizzazione criminale”.

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