L’attacco frontale e feroce durante la trasmissione Otto e mezzo di Carlo De Benedetti a Eugenio Scalfari, definito “un ingrato” e vanitoso, a Repubblica, accusata di aver “perso la sua identità”, e l’assalto indiretto al direzione di Mario Calabresi bollato come Don Abbondio, viene respinto con un doppio articolo in prima pagina. Dopo la replica dei giornalisti all’ex editore ecco che il fondatore Scalfari e l’attuale responsabile del quotidiano Calabresi firmano la loro risposta: il primo con un’intervista di Francesco Merlo, il secondo con un fondo.

“È un giudizio politico che si può non condividere. Ma il vanitoso è chi si gloria di qualcosa che ha fatto o peggio non ha fatto; chi si attribuisce meriti che non ha. Che cosa c’entra la vanità con la scelta tra Berlusconi e Di Maio? Mi spiace dirlo, ma è invece da vanitoso definirsi fondatore di un giornale che non hai né fondato né cofondato – dice Scalfari -. I soldi che diede non legittimano la parola fondatore. E aggiungo che è la prima volta che glielo sento dire. Repubblica è figlia dell’Espresso che fu fondato da Adriano Olivetti, Carlo Caracciolo ed Eugenio Scalfari. Non ce ne solo altri. Ha contribuito con cinquanta milioni ad un capitale di 5 miliardi – aggiunge -. Non sono abituato a fissare i prezzi della gratitudine. Sicuramente ce ne siamo ricordati quando poi gli abbiamo venduto Repubblica”, ma “quello dell’editore è un mestiere che non ha mai fatto”. Scalfari riconosce a De Benedetti di essere stato rispettoso della libertà del giornale: “Diciamo che l’ha onorata. E però non so se quel che adesso va dicendo in tv e sui giornali sia compatibile con la carica di presidente onorario, non so se la onori”. E difende il suo giornale: “Non è vero che ha perduto l’identità e che non aggredisce la politica”, “lui sì, sta aggredendo l’identità del giornale di cui, come ho già detto, era stato a lungo il rispettoso proprietario”. “La ama, ma vuole liberarsene. La ama come quegli ex che provano a sfregiare la donna che hanno amato male e che non amano più” conclude. Durante l’intervista con Lili Gruber l’imprenditore ha più volte affermato il suo “amore” per Repubblica.

Parla di “strascichi polemici” dopo il passaggio di mano della società ai figli e di “critiche ingenerose” Calabresi nel suo fondo e definisce “inconcepibile attaccare” il giornale “sugli schermi di un gruppo concorrente”. Il direttore sul tema del coraggio ritiene di dover replicare che “Repubblica abbia saputo aggiornare le sue posizioni in un momento di radicale cambiamento non solo del paese ma dell’area culturale…”. Calabresi rivendica di aver con il giornale contrastato populismi e degenerazione di aver portato avanti con “coraggio” le battaglie sui diritti civili. Ai lettori Calabresi garantisce “l’impegno e l’orgoglio” dei giornalisti, ma soprattutto sottolinea che ha il sostegno degli azionisti e del vertice aziendale. Infine la richiesta di onorare e tutelare l’immagine e l’onorabilità del giornale: “il contrario di quanto accaduto”.

La Repubblica tradita

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De Benedetti, la replica dei giornalisti di Repubblica: “Nostra identità e coraggio sono vivi. Risponderemo agli attacchi”

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