Girava tranquillamente per andare a fare la spesa o in farmacia nonostante fosse ricercato. È in questo modo che trascorreva la sua latitanza Totò Riina, il capo dei capi di Cosa nostra. “Usciva normalmente, senza trucchi, senza maschere. Girava anche per Palermo quando c’era bisogno uscivamo, per andare a fare la spesa, in farmacia”, racconta la figlia del boss corleonese in un’intervista rilasciata alle Iene, in onda la sera del 10 dicembre su Italia 1.

“Io, mio padre, mia madre e i miei fratelli siamo stati sempre insieme durante la latitanza. Non andavamo a scuola, era mia madre a farci da insegnante perché giravamo sempre, di continuo, non ci fermavamo mai. Lui diceva che per il lavoro dovevamo andarcene in un altro posto. Non lo capivamo, magari eravamo pure piccoli. Non avevamo questa percezione di una cosa brutta, negativa, tipo che fossimo braccati. Non ci diceva: dobbiamo scappare di notte, oppure dobbiamo allontanarci perché siamo seguiti o siamo braccati. No, lui ci diceva con calma: dobbiamo andarcene. E così facevamo le valigie e ce ne andavamo”, ha spiegato la primogenita del capo dei capi, sottolineando che in famiglia si facevano comunque le vacanze. “Sì, andavamo al mare. Stavamo una, due settimane”. E tutto senza alcun controllo delle forze dell’ordine. “La verità? Neanche uno, mai. Li abbiamo visti però non ci fermavano. Nella vita siamo stati magari fortunati per 20 anni. Giravamo e non ci fermava mai nessuno”.

La figlia di Riina ha raccontato anche che “quando ci fu la strage di Capaci l’abbiamo saputo dal tg. Eravamo tutti sul divano. Mio padre era normale, non era nè preoccupato nè felice. E non è vero, come hanno detto, che ha brindato con lo champagne“. La donna rifiuta di giudicare il padre.  “Io – dice – non posso prendere le distanze da mio padre, perché mio padre ai miei occhi era un’altra persona, non è il mostro che vedete voi, che vede l’Italia intera. È stato un buon padre. E poi penso che ci sono delle cose che in cuor mio non sono state commesse. Non lo so se era uno stinco di santo, non lo devo giudicare io, sarà il Signore a giudicarlo. L’ha già giudicato del resto, è morto il 17 novembre. Se non era uno stinco di santo sarà all’inferno, se lo era starà in paradiso. Non lo so dove sarà. Per me è stato un buon padre. Io ho le mie buone ragioni per pensare che mio padre in certe cose non c’entra. Non ha potuto fare – rimarca – tutto quello da solo”.

L’anticipazione dell’intervista alla figlia di Riina ha provocato la reazione dell’associazione  familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili.  “Auspichiamo che Mediaset questa sera eviti di mandare in onda l’ennesimo affronto alle vittime di Cosa nostra – dice la presidente Giovanna Maggiani Chelli – Non ne usciremo più da questo inferno in cui il sistema mafioso continua a volere il nostro “confino” di vittime – dice Chelli – Questa sera la figlia di Riina va in Tv a dire che suo padre è stato il “parafulmine d’Italia“. Come se Riina Salvatore – il padre amoroso – ma anche lo sterminatore dei figli degli altri – non ce lo avesse detto abbastanza dentro le aule di tribunale ad ogni esternazione spontanea, mentre aggiungeva nel discorso questi comunisti”.

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