Cinema

Ricomincio da me, un film musicale dove la carica dei protagonisti è maggiore di Flashdance e Chorus Line messi insieme

Se fossi un 60/70enne  - e tra poco ci siamo - correrei, sì letteralmente, a vedere Ricomincio da me. Il film, diretto dall’inglese Richard Loncraine, che apre in anteprima mondiale il 35esimo Torino Film Festival, ha quella spinta, quell’energia, quello scuotimento libertario dei corpi che quando si è giunti ad una certa delicata fase della vita non può che rivoluzionare l’esistente

di Davide Turrini

Se fossi un 60/70enne  – e tra poco ci siamo – correrei, sì letteralmente, a vedere Ricomincio da me. Il film, diretto dall’inglese Richard Loncraine, che apre in anteprima mondiale il 35esimo Torino Film Festival, ha quella spinta, quell’energia, quello scuotimento libertario dei corpi che quando si è giunti ad una certa delicata fase della vita non può che rivoluzionare l’esistente. E proprio quando sono più gli acciacchi fisici che gli istinti a dominare il quotidiano, quel qualcosa che smuove pance e anime non può che essere il ballo.

Ci mette un pochino a capirlo, ma poi si scatena, l’inglesissima Sandra (Imelda Staunton), signora alto borghese che dopo 35 anni di formale matrimonio scopre che l’affettato marito ha una relazione con un’altra. È la sorella Bif (Celia Imre), una sessantenne single e “alternativa”, ciuffetto rosso in un caschetto castano, canne da fumare sempre pronte nel cassetto, ad ospitarla e ad offrirle un paio di stimoli inattesi: un gruppo di ballo composto  da vecchietti, e il solito, impressionante Timothy Spall, che qui interpreta Charlie, un eccentrico e colorato restaurato di mobili che vive su una barca, nascondendo il segreto di una moglie malata di Alzheimer che dalla clinica dov’è ricoverata non lo riconosce più. Gradualmente Bif fa scoprire a Sandra gli effetti di una scarica elettrica che può dare il movimento anca/bacino del boogie boogie, di una piroetta e di un casqué, tutto rigorosamente in coppia, ma anche l’emozione di un corteggiamento che si sviluppa nonostante l’età ancora con lo sfiorarsi di mani e corpo.

Quasi fossimo in una rigenerante vasca di Cocoon, Loncraine e gli sceneggiatori Meg Leonard e Nick Moorcroft rendono reale e danno vita al cruccio morettiano del “mi sarebbe sempre piaciuto poter ballare”, Infatti il gruppo di ballo, tra una TAC e un colpo di tosse, tra un Harlem Shake e una Tintarella di luna, finisce su Youtube con una performance corale eseguita tra le strade londinesi addobbate per Natale che, visto il successo di click, diventerà virale, e porterà i ballerini alla partecipazione ad una prestigiosa finale danzereccia a Roma.

“Ho 71 anni e ho la fortuna di essere ancora un regista attivo senza avere i miliardi di Ridley Scott”, scherza Loncraine durante l’incontro con la stampa a Torino. “Non potrei mai fare un film sugli adolescenti, è un periodo che ho vissuto ma il ricordo è talmente lontano che non avrebbe senso. Invece alla mia età ci si chiede spesso quanto tempo rimarrà da vivere. E altrettanto spesso nasce l’idea che si debbano cogliere delle opportunità per vivere questo periodo della vita al meglio. Badate bene: è una riflessione non solo femminile, ma anche presente nella testa di molti maschi. Inoltre sono convinto che le tematiche sulla vecchiaia al cinema non debbano essere necessariamente deprimenti, semmai devono infondere ottimismo e fare bene al cuore”.

Elemento drammaturgico cruciale, in questo felice e divertentissimo ritorno di Loncraine alla regia dopo l’altrettanto dolce nuance cinematografica sulla terza età di Ruth & Alex (2014) è proprio il ballo: “La musica moderna tende ad un ballo individualista, mentre ai tempi miei si ballavano il rock&roll rigorosamente in due. Questo tipo di danza è bella e sensuale, e vorrei che ritornasse in auge. Non so se  da qualche parte in Italia esiste una tradizione del genere, ma in alcuni paesi della Spagna la domenica in una piazza si ricrea spesso a suon di musica un cerchio composto da oltre cento persone con al centro una donna anziana e un ragazzo che ballano”. Inutile, infine, ripeterlo che con un cast del genere (Imelda Staunton, Timothy Spall, Johanna Lumley, David Hayman e Celia Imrie) non può che uscire un film musicale dove la carica dei protagonisti è maggiore di Flashdance e Chorus Line messi insieme. Però un distinguo va fatto. Spall, 60 anni, londinese, una carriera spaventosa alle spalle tra i film con Mike Leigh, gli Harry Potter e almeno un paio di incursioni hollywoodiane pure, è qualcosa di incredibilmente irresistibile. Gli basta indossare un paltò o un cappello a tesa larga, modulare microgesti e micromovimenti come stringere un po’ gli occhi, sfiorare il mento con la mano, comprimere leggermente i muscoli della bocca, e letteralmente ci si scioglie. Un brutto anatroccolo che recitando diventa un uomo seduttivo e fascinoso. Come si fa allora (SPOILER!) a non partire con lui sulla sua chiatta per assaggiare un croissant nei dintorni di Parigi?

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