Come convivere con un dolore che ti strazia l’esistenza? Hannah ci prova in ogni modo, ma il suo volto è segnato, il suo corpo non può nascondere l’agonia, nonostante si cimenti con il teatro terapeutico. Andrea Pallaoro, classe 1982 e talento trentino regalato agli States (Scorsese lo stima molto, e questo vale già metà carriera…) è l’ultimo italiano concorrente a Venezia 74 dove porta Hannah, un “giallo esistenziale sullo stato mentale di una anziana signora”, da sua definizione. L’anziana è niente di meno che Charlotte Rampling, signora del teatro e cinema britannico e non solo, che tanto ha regalato all’immaginario italiano grazie alla sua interpretazione ne Il portiere di notte di Liliana Cavani. Era il 1973 e Charlotte era una giovane performer, di una bellezza da far male, oggi è una dea consacrata, vincitrice del premio come miglior attrice a Berlino 2015 per 45 anni di Andrew Haigh, peraltro fra i registi qui concorrenti. Pallaoro, che al Lido ha già concorso in Orizzonti col sorprendente Medeas nel 2013, voleva solo lei per il ruolo di Hannah, e l’ha ottenuta.

“Solo con un talento come il suo potevo esplorare il dramma interiore di una donna dilaniata da un segreto orrorifico, solo lei poteva restituire il senso di disorientamento e disperazione di una persona prigioniera delle sue scelte”, spiega il cineasta. Con un pedigree formativo da vero cinefilo, Pallaoro si ispira a diversi maestri della Settima Arte per mettere a punto le proprie estetica e poetica: dall’Antonioni di Deserto rosso alla Martel de La mujer sin cabeça, dalla Ackerman di 1080 Bruxelles passando per il cinema di Fassbinder, Reygadas, Tsai Ming Liang, Michael Haneke e anche il connazionale Michelangelo Frammartino.

Il suo, inequivocabilmente, è un cinema di silenzi, segreti e rarefazioni. Hannah, che appartiene a una trilogia qui iniziata con al centro tre diverse figure femminili, concretizza la teoria in maniera cristallina, essenziale e sottile. Da parte sua Charlotte Rampling mostra autentica venerazione per il giovane cineasta (“mi fa fare bella figura sfilare sul Red Carpet con un bel ragazzo come Andrea, che ha talento da vendere!”) che l’ha portata nelle viscere di una sofferenza sensoriale, mettendo (anche letteralmente) a nudo la sua recitazione.

“Non avrei mai accettato questo ruolo se non l’avessi trovato magnifico” aggiunge Rampling. Il film doveva girarsi negli States, dove Pallaoro risiede da anni, ma alla fine la scelta è ricaduta sulla grigia (“e adattissima”) Bruxelles per via dei finanziamenti ottenuti; Rampling infatti recita in francese la parte di una 70enne che vive quietamente col marito finché questi con la sua valigia entra in prigione, costituendosi alla giustizia per un reato di cui lo spettatore non viene informato.

Il resto del film è sostanzialmente sulle spalle di Hannah/Rampling nella messa in campo del suo degrado interiore e relazionale, costretta a tirar fuori sentimenti difficili e contraddittori. Pallaoro è già in fase avanzata nella preparazione del secondo capitolo della trilogia, che si intitolerà Monica: “Si tratta dell’osservazione di una transgender che rientra a casa dopo 35 anni per curare la madre malata di Alzheimer: lei era stata cacciata da ragazzino, tornare significa riaprire ferite forse mai guarite. Il film ha lo scopo di indagare il tema dell’abbandono e sarà girato negli USA. Stiamo ultimando il casting e nel ruolo della protagonista ci sarà un’attrice transgender”. Hannah uscirà prossimamente nelle sale italiane grazie ad I Wonder Pictures.

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