La figura del cardinale Carlo Caffarra, morto oggi a Bologna a 79 anni, rischia di essere archiviata come quella di uno dei principali oppositori di Papa Francesco. Una pagina sofferta per l’arcivescovo emerito del capoluogo emiliano che arrivò perfino a replicare: “Avrei avuto più piacere che si dicesse che l’arcivescovo di Bologna ha un’amante piuttosto che si dicesse che ha un pensiero contrario a quello del Papa. Perché se un vescovo ha un pensiero contrario a quello del Papa se ne deve andare, ma proprio se ne deve andare dalla diocesi. Perché condurrebbe i fedeli su una strada che non è più quella di Gesù Cristo. Quindi perderebbe se stesso eternamente e rischierebbe la perdita eterna dei fedeli”.

Parole forti alle quali, però, è seguita una lunga freddezza con Bergoglio soprattutto quando Caffarra decise di firmare i dubia contro le aperture ai divorziati risposati volute dal Papa latinoamericano. Una scelta condivisa con i cardinali Raymond Leo Burke, Walter Brandmuller, e Joachim Meisner, quest’ultimo morto il 5 luglio scorso. Per questo motivo fece molto scalpore l’abbraccio di Caffarra con Francesco, il 2 aprile scorso, nella sagrestia della cattedrale di Carpi in occasione della visita pastorale del Papa alla piccola diocesi emiliana. Un segno di riconciliazione da parte di Bergoglio in quello che è stato l’ultimo incontro con l’arcivescovo emerito di Bologna.

Eppure Caffarra, proprio per volontà di Francesco, aveva partecipato a entrambi i Sinodi dei vescovi sulla famiglia che avevano voluto quelle aperture sui divorziati risposati sancite poi dal Papa nella sua esortazione apostolica Amoris laetitia. Il porporato, grande studioso dei temi del matrimonio e della famiglia, aveva così osservato in prima linea il processo che ha portato alle decisioni di Bergoglio. Dopo la pubblicazione dell’esortazione papale, però, il cardinale ha preferito sottoscrivere i suoi dubbi in merito a quelle aperture che a suo giudizio contraddicono il magistero della Chiesa cattolica sul matrimonio introducendo in qualche modo il “divorzio cattolico”.

Caffarra era nato nel 1938 a Samboseto, una frazione di Busseto, in provincia di Parma. Da subito fu chiara in lui la scelta vocazionale e, dopo aver frequentato il seminario di Fidenza, nel 1961 fu ordinato sacerdote.  Conseguito il dottorato in diritto canonico presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, tornò in diocesi insegnando anche teologia morale nel seminario di Parma. A Milano, dove fu docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, conobbe il fondatore di Comunione e Liberazione, don Luigi Giussani, di cui divenne subito amico.

Nel 1981 Wojtyla gli chiese di fondare e presiedere il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, dove tenne diversi corsi di bioetica. Nel 1983 ricevette l’incarico di consultore della Congregazione per la dottrina della fede, all’epoca guidata dal cardinale Joseph Ratzinger, e divenne membro della commissione di studio per l’ingegneria genetica del ministero della Sanità italiano. Numerose sono state le lezioni che ha tenuto in diversi atenei del mondo: da Santiago del Cile a Sydney, da Pamplona a Madrid. Dalla Franciscan University di Steubenville, in Ohio, ricevette il dottorato honoris causa in Lettere cristiane.

È il 1995 l’anno della svolta per Caffarra. San Giovanni Paolo II, infatti, lo nomina arcivescovo di Ferrara-Comacchio. È sempre Wojtyla che nel 2003, due anni prima di morire, lo promuove arcivescovo metropolita di Bologna, come direttore successore del cardinale Giacomo Biffi che lo aveva ordinato vescovo nel duomo di Fidenza. Nel suo primo concistoro, il 24 marzo 2006, Benedetto XVI gli impone la berretta rossa. Nel 2013, al compimento dei 75 anni, presenta le sue dimissioni a Francesco, ma il Papa lo proroga per altri due anni fino a quando, nel 2015, nomina come suo successore monsignor Matteo Maria Zuppi. Da pensionato Caffarra resta a vivere a Bologna.

Anche da arcivescovo emerito il porporato ha continuato a far sentire la sua voce in difesa della vita. Deciso è stato il suo appello in favore di Charlie Gard, il bambino inglese al quale è stato staccato l’impianto di ventilazione che lo teneva in vita a seguito di una decisione dei magistrati. “Siamo arrivati al capolinea della cultura della morte. Sono le istituzioni pubbliche, i tribunali, a decidere se un bambino ha o non ha il diritto di vivere. Anche contro la volontà dei genitori. Abbiamo toccato il fondo delle barbarie. Siamo figli delle istituzioni, e dobbiamo la vita a esse? Povero Occidente: ha rifiutato Dio e la sua paternità e si ritrova affidato alla burocrazia! L’angelo di Charlie vede sempre il volto del Padre. Fermatevi, in nome di Dio. Altrimenti vi dico con Gesù: ‘Sarebbe meglio che vi legaste al collo una macina da mulino e vi gettaste nel più profondo del mare’”.

Durissime erano state anche le sue posizioni nei confronti dei gay. Parole forti che sono suonate come una vera e propria scomunica per i politici che proponevano il matrimonio tra persone omosessuali: “Dio vi giudicherà, anche chi non crede alla sua esistenza, se date a Cesare ciò che è di Dio stesso”. Alla vigilia delle elezioni, infatti, Caffarra non esitò a dare ai cattolici indicazioni esplicite di voto. Un no fermo a chi proponeva una legislazione in favore dell’aborto e della procreazione assistita fino alle unioni civili e ai matrimoni gay: “Nessuna civiltà, nessuna comunità nazionale fiorisce se non viene riconosciuto al matrimonio e alla famiglia la loro incomparabile dignità, necessità e funzione. Equipararle a realtà che sono naturalmente diverse, non significa allargare i diritti, ma istituzionalizzare il falso”.

A far discutere, nel corso del suo episcopato bolognese, sono stati anche altri anatemi come quello forse più famoso: “Chi riscuote le tasse è al servizio di Dio”. Aggiungendo: “Quando il cittadino perde la consapevolezza che il bene comune è frutto della cooperazione di ognuno e che pertanto è grave violazione della giustizia distributiva volerne usufruire senza cooperarvi. Tutto questo ha un nome: evasione fiscale”. Ma per il cardinale ciò avviene anche quando lo Stato “perde la consapevolezza di essere al servizio del cittadino, di essere legato a un obbligo grave di rispettare il patto col cittadino medesimo. Tutto questo ha un nome: espansione della spesa pubblica”.

Caffarra non ha risparmiato sferzate pesanti nemmeno ai suoi sacerdoti bolognesi. “Ogni evasione dalla storia, dalla vita tribolata di ogni uomo, – affermò il porporato parlando al suo clero – è inammissibile nel sacerdote. Ogni rischio di diventare una casta e, cari fratelli, questo rischio esiste (nessuno di noi ha il problema della casa, nessuno di noi rischia di perdere il lavoro, dal momento dell’ordinazione abbiamo assicurato lo stipendio), va combattuto al suo nascere. Essere uniti con tutti vuol dire essere uniti, come ci ha detto il profeta, con chi ha il cuore spezzato e con chi è privo di libertà; con coloro che sono umiliati e oppressi; con coloro che sono emarginati e disprezzati; con chi è disperato e divorato dal non-senso”.

 

Twitter: @FrancescoGrana

 

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