“Leggo che il segretario del Partito democratico mi invita a spostare un po’ più lontano la tenda. Lo farò senza difficoltà: la mia tenda è molto leggera. Intanto l’ho messa nello zaino”. Lo afferma Romano Prodi in una nota. La metafora della “tenda” era stata citata da Prodi stesso in varie interviste. Tra queste anche al Fatto Quotidiano, il 5 giugno (leggi qui). “Ho detto che abito in una tenda vicino al partito – aveva detto il Professore in quell’intervista – ma la tenda si può mettere nello zaino e rimettersi in cammino”. Quindi per la prima volta, in quell’occasione, paventò la possibilità di allontanarsi dall’area del Partito democratico. A trattenerlo sono due esponenti molto vicini a Renzi. Uno è il ministro dei Trasporti Graziano Delrio: “Le tende una volta riposte si possono anche tirare di nuovo fuori dallo zaino. Lo spero”. L’altro è il portavoce del Pd, Matteo Richetti: “Nessuno ha mai invitato Romano Prodi ad allontanarsi dal Pd, la nostra volontà è l’esatto contrario”. Anche Lorenzo Guerini cerca di riparare all’incidente: “Nessuno ha attaccato Prodi o invitato ad andarsene – risponde ai cronisti a Montecitorio – Prodi è un riferimento e noi lavoriamo, parliamo e ci confrontiamo con tutti partendo dai problemi reali degli italiani. Se la discussione si incentra sulla formula, rischia di non affascinare ma di allontanare. Comunque nessuno ha polemizzato con Prodi, che è un punto di riferimento”.

Da dove nasce questa nuova uscita di Prodi? Si lega al ragionamento che Matteo Renzi ha affidato a vari giornali, come il Corriere della Sera e il Quotidiano Nazionale, per ribadire il suo scetticismo nei confronti di una coalizione di centrosinistra. “Si conferma la tesi che i migliori amici del Berlusca sono i suoi nemici – aveva detto Renzi al Qn -. È stato infatti ancora una volta dimostrato che quelli che invocano una coalizione di centrosinistra larga il più possibile fanno il gioco del centrodestra, e non del Pd”. Di più: figure come Prodi, Orlando, Pisapia, Bersani, secondo il leader del Pd, da giorni “erano pronti a dire ‘Renzi perde, vince la coalizione’, ma la realtà è stata un’altra”. Il Corriere, in un pezzo di Maria Teresa Meli, aveva attribuito a Renzi questo pensiero (non smentito): “Lo schema di Pisapia, di Prodi e di tanti altri era chiaro: facciamo una coalizione larga e con quella vinciamo. Ma non ha funzionato. Genova sta lì a dimostrarlo e ha dimostrato anche se metti uno di Mdp come candidato il voto borderline va a destra”. Il riferimento è a Gianni Crivello, battuto a Genova dal candidato del centrodestra Marco Bucci. E in modo sospetto ma non troppo la reazione di Renzi e i suoi riferimenti a Prodi erano stati riportati anche da Repubblica: “Il dibattito sulla coalizione addormenta gli elettori e non serve – ha detto Renzi secondo Repubblica – non è di per sé la coalizione che segna la vittoria. È il candidato, il leader, il territorio che segna la sconfitta o la vittoria ai ballottaggi. Le coalizioni non sono l’argomento su cui intrattenere gli italiani per i prossimi 12 mesi. Quello che interessa loro è cosa facciamo sulle tasse. Le coalizioni affascinano gli addetti ai lavori, il modo con cui si risolvono i problemi è il nostro campo di gioco”.

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