“Perché, addirittura per lui, ho… in modifica il prossimo senato e Cda… il regolamento... per il trasferimento dei ricercatori… da altri atenei che noi non abbiamo … in modo che avendo quel regolamento possiamo procedere!”. Così parlava Loris Borghi, rettore dell’Università di Parma, indagato per abuso d’ufficio e intercettato nell’inchiesta che una settimana fa ha portato a 19 arresti per la corruzione sui farmaci per la terapia del dolore. Un’operazione quella dei Carabinieri del Nas che svelato un universo parallelo in cui un medico considerato un luminare, Giorgio Fanelliera “il boss” capace di spostare, a suo dire, milioni di euro grazie alla sponsorizzazione di un farmaco, dove pazienti “ignari” venivano usati come cavie e dove i concorsi venivano confezionati su misura per i candidati. Ed è per questo che Borghi è indagato. Il professore ha deciso di lasciare e si è dimesso con una lettera indirizzata a dipendenti e studenti. “Sono scese ombre su chi rappresenta l’Università – si legge – e l’Università non può attendere se e quando tali ombre si dilegueranno. Sottolineo che non mi dimetto perché è accusato Loris Borghi, ma presento le dimissioni perché è accusato il rettore dell’Università di Parma”. Borghi era entrato in carica a giugno 2013, invocando un “necessario cambio di mentalità all’interno del sistema universitario”. Ma dagli atti dell’inchiesta emerge che insieme al principale indagato, Giorgio Fanelli, primario di Anestesia e Rianimazione all’Università di Parma finito ai domiciliari, avrebbe costruito un concorso ad hoc per un medico poi finito anche lui ai domiciliari: Massimo Allegri.

Con Fanelli, Borghi e Allegri loro sono indagati altre tre dirigenti dell’università. E il prescelto, una volta arrivato a Parma, secondo gli inquirenti, avrebbe tramato insieme a Fanelli affinché la casa farmaceutica Angelini potesse organizzare e gestire direttamente, scegliendo “i contenuti scientifici e individuando i relatori, alcune sessioni World Medicine Park”; “rendendosi disponibile a prendere posizione contro l’Aifa” che denunciava l’abuso di oppiodi, e concordando due studi sul farmaco Vellofent con relativa “sperimentazione” e protocollo scientifico redatto direttamente dalla casa farmaceutica.

“Non vi è dubbio – scrive Borghi nel suo intervento  – che nel fare ho commesso errori, ma una cosa è certa: io e l’Università in quanto istituzione non abbiamo nulla a che fare con ciò che è emerso dall’inchiesta Pasimafi, nella mia vita non ho mai rubato un euro, mi sono sempre comportato come un servitore dello Stato, ovunque sono arrivato ho cercato di migliorare le cose e di aiutare, in trasparenza e legittimità, le persone meritevoli, nella ferma convinzione che le persone sono il cardine e la vera forza del successo di una struttura pubblica o privata che sia”. Borghi, cui nessuno contesta la corruzione, l’appropriazione indebita o altri reati se non l’abuso d’ufficio appunto, ha anche specificato che “avrebbe potuto addurre motivi di salute, visto che è di dominio pubblico il mio recente infarto del miocardio: Non lo farò perché ho sempre insegnato ai miei allievi la passione per l’Università, per la medicina, per le professioni, per l’uomo e per l’etica. Non lo farò perché sono sempre stato un uomo radicato ai principi del pubblico, della condivisione e della trasparenza. Non lo farò perché nel tourbillon di infamia e violenza delle ultime settimane c’è bisogno di chiarezza e verità“.

Vale la pena ricordare che secondo la Procura di Parma Borghi non faceva parte dell’associazione a delinquere finalizzata di cui partecipavano dirigenti medici, esponenti del ministero della Salute e diversi manager del campo farmaceutico per pilotare il “business” delle cure palliative e delle terapie del dolore, ma avrebbe permesso che, con quel bando, il dottor Allegri arrivasse a Parma. Il regolamento di cui parlava Borghi nella conversazione con Fanelli intercettata, come si legge nell’ordina di custodia cautelare emessa dal gip Maria Cristina Sarli, era stato poi decretato il 29 giugno 2015. Fanelli aveva poi chiamato Allegri gli aveva detto: … le regole vengono tarate su di te…”. Poco dopo veniva attivata una procedura di trasferimento del ricercatore che, si legge negli atti, “elaborata parametrandola alle caratteristiche professionali dell’Allegri”. Tanto da far esultare così Fanelli: “… il medaglione è il tuo profilo con il numero delle pubblicazioni…”. Il 29 luglio 2015 la procedura veniva approvata dal cda e il 4 agosto il bando pubblicato. Nell’inchiesta è anche contestata, ma non a Borghi la procedura che ha portato a Parma la moglie di Allegri, Silvia Bettinelli. Anche in questo caso gli atti di gara erano stati preparati in modo che il profilo del candidato coincidesse con quello della dottoressa. Ma questa è ancora un’altra storia.

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