Da quando ha smesso di andare al centro, Alberto è peggiorato. “Ho visto un crollo”, racconta la moglie, Emilia. Seduta nel sole del cortiletto di quello che è stato il Centro Diurno Alzheimer Tre Fontane, a Roma, racconta la sua storia. “Mio marito non ha mai amato tanto la socialità. Ma qui l’hanno fatto addirittura ballare. Come avete fatto?”, ride. Da due mesi, gli abitanti dell’Eur e dei quartieri vicini hanno perso il servizio di assistenza per queste persone. A marzo 2016 è scaduta la convenzione, ma dopo un periodo di proroghe, due bandi e un complesso iter burocratico il servizio è fermo in attesa di verifiche sull’azienda vincitrice.
I lavoratori in questo momento (una psicologa che è anche la responsabile del servizio e cinque operatori sociosanìitari) sono a casa. “Prima siamo stati in ferie e ora siamo in aspettativa non retribuita, nella speranza che la questione si risolva”, spiega la responsabile, Alessandra Italia. “Stare a casa vuol dire vivere un lutto anche per noi”. Il Centro Diurno Alzheimer nasce all’Eur nel settembre 2012 per ospitare e prendersi cura di persone affette da Alzheimer e demenze di grado lieve e moderato. Il servizio richiede che le associazioni e le cooperative che partecipano abbiano una struttura propria che risponde alla normativa esistente. Qui il centro si trova nel complesso dell’abbazia Tre Fontane, circondato dal verde. Gli utenti coltivavano l’orto, facevano spettacoli teatrali, corsi di racconto. Hanno scritto un libro di ricette: quelle che ricordavano, quelle che preparavano ai loro cari. “Un centro diurno è importante e se ne parla troppo poco: questi sono posti in cui si cerca di far mantenere il più possibile a queste persone le loro capacità. Perché hanno un problema, ma sono persone”, dice Alessandra.
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