img-20170202-wa0008“Allevamento e zootecnia? Risorse indispensabili per questi territori. Altro che folklore” Ercole, classe ‘58, è nato e cresciuto a Campotosto, il Comune aquilano che si sviluppa tutt’intorno all’omonimo lago (quello al centro di “allarmi Vajont” e conseguenti smentite, nei giorni scorsi). Di Campotosto, Ercole è stato sindaco per 12 anni, e ora è assessore: “Assessore e basta. Figuriamoci se in un Comune del genere ci assegniamo le deleghe”. Ma soprattutto, ci tiene a precisarlo, Ercole è “fieramente un pecoraro”. Possiede circa 800 capi di ovini, che però ora non si trovano sulle montagne al confine tra L’Aquila e Rieti. “All’inizio dell’autunno le ho trasferite in provincia di Roma, perché noi qui facciamo ancora la transumanza”. E precisa: “Non facciamo folklore, per piacere. Qui l’allevamento e la zootecnia sono risorse indispensabili. All’inizio della prossima primavera, rischiamo di veder tornare dalla transumanza non più di 4mila capi. Negli anni migliori, la media finora era di circa 50mila pecore. C’è un vero e proprio rischio di spopolamento: i miei amici che hanno le greggi nelle campagne romane stanno pensando di vendere tutto o di trasferire lì le loro aziende. Per noi sarebbe un disastro”.

Le sofferenze degli animali e le difficoltà dei proprietari: “Ecco cosa significa perdere una bestia” – La sofferenza degli animali sta sia nei capannoni e negli stabbi, sia tra i boschi e le montagne. E l’ansia dei proprietari segue quella sofferenza: dentro e fuori dalle stalle. La prima immagine che Ercole, veterinario professionista, descrive, è quella delle pecore gravide: “Solo nei due stabilimenti che ho visitato oggi, a Campotosto, ci sono più di mille ovini che rischiano l’aborto e le relative complicazioni”. Le monte sono programmate, qui come altrove: la gente nei supermercati e nelle macellerie vuole gli agnelli per Pasqua, e dunque si fa in modo che le pecore ogni anno partoriscano tra febbraio e marzo. E poi a primavera c’è erba fresca da brucare: e il latte migliora in qualità. “Insomma, ora siamo nel periodo più critico. Le pecore gravide sono più deboli: rischiamo di vederle morire, oltreché di non avere gli agnelli. Discorso analogo per le cavalle: almeno quelle che stanno nei recinti o nelle stalle”.

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