Sul maxi-schermo c’è ancora la faccia di Manuel Valls che ammette la sconfitta alle primarie francesi dei socialisti e la musica nel comitato dell’avversario Benoît Hamon parte a palla. Le casse suonano “Prayer in C”, l’inno dance della campagna elettorale, e all’improvviso sembra di stare in discoteca. Mani di venti e trentenni sventolano i cartelli con la scritta “Faire battre le coeur de la France”, qualcuno osa un pugno alzato. “Scusateci, non volevamo mancare di rispetto”, dirà poi dal palco il neoletto candidato alle presidenziali 2016. Ma è troppo tardi. La festa alla Maison de la Mutualité di Parigi, quartier generale per una notte del leader di sinistra è un affronto: ai vecchi del partito, alle previsioni, alle strategie. E l’urlo liberatorio di una generazione che balla sotto le luci fredde di una sala comunale dalle pareti grigie. I sondaggi sono impietosi e loro lo sanno: Hamon per il momento può aspirare a un vergognoso quinto posto. Ma mentre il deejay fa suonare “All you need is love” dei Beatles e poi attacca con pezzi commerciali da sabato notte, non importa a nessuno. “Abbiamo mandato a casa Valls l’impostore”, gridano per far sentire la voce da sopra la musica.

img_7686Molti degli attivisti sono gli stessi che erano in piazza nel 2012 a festeggiare per la vittoria del presidente uscente François Hollande: hanno assistito ai cinque anni più duri di sempre, ma non se ne sono andati. “C’è una frase che ci siamo ripetuti in questi mesi”, racconta Louis Comte tutto sudato dopo l’annuncio dei risultati, “ovvero ‘se i disgustati dal partito se ne andranno, resteranno solo i disgustosi’. Stasera abbiamo messo alla porta i disgustosi”. Il ragazzo ha 21 anni, viene da Nizza e studia architettura. “Perderemo? Non importa. Meglio restare fedeli alle proprie idee. Sostenere Valls avrebbe voluto dire mentire a noi stessi. Lui è come Matteo Renzi in Italia: dà solo cifre e nessuna speranza. Se mettiamo prima il cuore, i giovani ci voteranno ancora. E’ tornata la sinistra”. Poi si guarda in giro come a cercare sostegno. L’amica Juliette Perchepied, 29 anni e direttrice di un’associazione culturale, aggiunge: “Noi siamo quelli delusi che stavano per strappare le tessere del partito e invece siamo ancora qui. Abbiamo resistito perché Hamon è coerente e ce lo ha dimostrato”.

img_7665Li hanno definiti gli elettori dell’utopia contro il socialismo di governo. Ma i militanti detestano quella retorica. “E’ un modo per screditare il nostro progetto”, commenta Manon Bordes, professoressa di 25 anni. “Parlare di reddito di base e di lavoro è una cosa da sogni? Per noi è realtà. Finalmente cadono le maschere e possiamo rifondare il partito”. Manon è militante da quando il candidato socialista era presidente del Movimento dei giovani. “E’ una rinascita che può fare molto bene anche all’Europa: i partiti di sinistra hanno le risposte ai problemi del nostro tempo, dall’immigrazione alla cultura. Solo da qui si può ripartire”. La storia dell’impossibile che non si realizzerà mai, quella dicono che è una menzogna. “Ci hanno riempito la testa con il pragmatismo”, conclude Juliette. “con l’importanza di governare e di fare compromessi al centro. Bene possiamo dirlo finalmente che quel tipo di politica ha fallito?”.

img_7666Hamon fa i saluti di rito e poi lascia la sala per sbrigare i doveri da neoeletto. I suoi restano fino all’ultima metro dell’1 di notte. In mezzo alla pista, come un’apparizione, l’elettorato più prezioso: i ventenni. C’è Ylenia Geusa, che studia Medicina e ha 18 anni. “Mi piace Hamon perché difende i valori della sinistra e l’ecologia. E poi propone il reddito di base universale: vuole far avanzare il Paese”. Un reddito minimo per tutti è quello che ha conquistato la maggior parte dei giovani. Lo dicono d’un fiato Kevin, Esteban e Amaleg che hanno rispettivamente 25, 20 e 27 anni: “Significa dare speranza e ascoltare i problemi della popolazione. Valls era troppo di centro. Dovevamo impedire che un Sarkozy di sinistra prendesse il potere. E poi era un sionista, mentre Hamon propone il riconoscimento della Palestina”. Laurie Collet, studentessa di diritto, ha appena compiuto 18 anni e dice di non avere dubbi: “Io lo voterò e non mi importa se perde. Lui almeno vuole il cambiamento”.

Il palco da dove Hamon poco prima ha invocato l’unità del fronte di sinistra diventa nel giro di poco il cubo dove salire per ballare. Ma l’euforia è destinata a durare il tempo di una serata. Da domani bisogna pensare a salvare l’onore, a una campagna che sarà forse la più difficile che il Ps abbia mai dovuto affrontare. Xavier fa l’avvocato, ha 27 anni e ha un sogno, lui almeno lo chiama così: “Vorrei tanto che Hamon trovasse un accordo con i partiti di sinistra. Ad esempio con Melenchon e gli ecologisti”. I suoi amici lo tirano per la giacca perché si fa tardi: “E’ fatto così”, lo giustificano.

A sorvegliare la festa in un angolo c’è Patrick Baron. Ha 65 anni, ed è alla sua terza campagna elettorale. Ascolta i più giovani che festeggiano con quell’aria un po’ di strafottenza e li lascia fare. Lui di vita politica ne ha vista abbastanza per prevedere che sarà dura e che quell’entusiasmo non basterà. “Ci sarà una crisi nel partito”, dice con il tono solenne di chi vuole predire il futuro. “Una parte dei deputati se ne andranno con quel traditore di Emanuel Macron. Ma rinasceremo. Quella di Valls non era sinistra, non eravamo noi”.

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