Virginia Raggi, i primi 6 mesi col fiatone: un rimpasto senza fine tra addii, mini-interventi e conti che ancora non tornano - 2/6
Tredici addii in 6 mesi
Il 24 giugno Virginia Raggi si insediava in Campidoglio e affacciandosi dal balcone di Palazzo Senatorio versava qualche lacrima di commozione. Le stesse che
esattamente sei mesi dopo sono ricomparse sul viso della sindaca durante la messa della vigilia di Natale. Solo dal significato un po’ diverso: “È un momento un po’ complesso…”, ha detto la prima cittadina. Il primo semestre alla guida della Capitale non è stato facile anche per colpa delle scelte nella composizione della squadra. In particolare aver puntato su Raffaele Marra e averlo difeso fino alla fine, fino all’arresto. Errore che la sindaca ha già pagato con il commissariamento imposto da Beppe Grillo (e potrebbe pagare ancora se dovessero esserci sviluppi nell’inchiesta della Procura). Ma il problema non è stato solo lui. A causa dell’eccessivo potere accordato al cosiddetto “Raggio magico”, il Campidoglio non è mai riuscito a trovare un assetto definitivo. Per un motivo o per l’altro se ne sono andati tre assessori (Minenna, De Dominicis, Muraro); è cambiato il vicesindaco (Luca Bergamo al posto di Daniele Frongia) e quattro volte il capo di gabinetto (alla fine l’unica soluzione è stata promuovere la vice, Virginia Proverbio); tra partecipate e dipartimenti sono stati sostituiti sette dirigenti apicali (Fortini e Solidoro all’Ama, Rettighieri e Brandolese all’Atac, Fermante, Romeo e Marra in Comune). In totale fanno 13 addii in 6 mesi: troppi per poter lavorare con continuità.