Televisione

Domenica In, il pomeriggio di RaiUno è garbato e rassicurante: così Pippo Baudo risponde a Barbara D’Urso

Tutto pulito, tutto lineare, niente fronzoli. Baudo fa Baudo, e forse va bene così. Perché è vero che ci vorrebbe qualcosa di più sperimentale ma alla fine della fiera forse RaiUno ha fatto l'unica scelta davvero rivoluzionaria: staccarsi dalla scia deleteria del dursismo e tornare all'antico, rivolgendosi senza vergogna al target naturale della rete

di Domenico Naso

La “nuova” Domenica In di Pippo Baudo non può e non deve essere stroncata. È la prima incontrovertibile verità dopo la prima puntata dello storico programma di RaiUno della domenica pomeriggio. Non può essere stroncata, dicevamo, perché è garbata, tradizionale, rassicurante, leggera. È “baudesca”, come era ovvio che fosse, fatta di interviste pacate, ospiti musicali, balletti. E la presenza di Chiara Francini garantisce un tocco di spontaneità e talento che non si può negare.

Tutto perfetto, dunque? Ovviamente no, perché ai nostri occhi “Domenica In” ha un difetto di fondo: è pensata e realizzata solo ed esclusivamente per un pubblico anziano, per lo zoccolo duro di RaiUno, senza prendersi rischi, senza sperimentare, senza provare ad allargare il target naturale dell’ammiraglia di viale Mazzini. Non è un difetto, sia chiaro, perché si tratta semplicemente di una scelta conservativa e di stile, che in un certo senso merita anche un plauso. Non si insegue Barbara D’Urso, non si insegue il chiacchiericcio da pollaio, non si insegue il gossip, non si insegue la “caciara” domenicale di Nostra Signora delle Faccette. Anche a costo di “prenderle” all’Auditel, di perdere sistematicamente la sfida degli ascolti (ma il primo risultato è più che accettabile: share del 14,11% con 1.907.000 spettatori). E questo è un bene, perché RaiUno negli ultimi anni aveva trasformato Domenica In in un clone (ma realizzato molto peggio) di Domenica Live, provocando un crollo qualitativo senza precedenti.

Quest’anno si è scelta la via del garbo televisivo, un usato garantito, perché se c’è una verità assoluta nella storia della televisione italiana è che “Pippo Baudo è un grande professionista”. Se poi al suo fianco c’è Chiara Francini, che è brava da morire (anche se comprensibilmente emozionata per l’esordio prestigioso) e che è a tutti gli effetti una co-conduttrice, mica una valletta, il risultato non può che essere oggettivamente gradevole. Meno comprensibile è la presenza di Manuela Zero, giovane showgirl vecchio stampo, che balla e canta. È brava, per carità, ma che le coreografie sembrano uscite da un programma “baudesco” degli anni Ottanta e cantare in playback, in un programma in diretta nel 2016, non è certo il massimo.

Per la prima puntata, Baudo ha scelto ospiti tutti al femminile: prima l’intervista a Eleonora Giorgi, poi l’arrivo in studio di Paola Cortellesi e Micaela Ramazzotti per presentare il loro ultimo film diretto da Cristina Comencini, infine Fiorella Mannoia. E all’inizio, ampio spazio ai quarant’anni dall’esorio di Domenica In, a Corrado e alla tv che fu. Un amarcord continuo, impreziosito dai ricordi personali di Baudo, che fa tanto Paolo Limiti senza Flora Dora.

Tutto pulito, tutto lineare, niente fronzoli. Baudo fa Baudo, e forse va bene così. Perché è vero che ci vorrebbe qualcosa di più sperimentale ma alla fine della fiera forse RaiUno ha fatto l’unica scelta davvero rivoluzionaria: staccarsi dalla scia deleteria del dursismo e tornare all’antico, rivolgendosi senza vergogna al target naturale di RaiUno. Poco coraggio? Sì, senza dubbio, e probabilmente gli ascolti premieranno la concorrenza. Ma almeno la domenica pomeriggio di RaiUno è tornata a essere degna della tv pubblica. La “nuova” Domenica In di Baudo è perfetta per un pubblico anziano, tradizionale, che cerca rassicurazioni nel mezzo televisivo. Forse non va bene per tutto il resto degli spettatori, ma c’era da attenderselo. E comunque, se la scelta è tra l’usato garantito di Baudo e il caos sensazionalistico della D’Urso, non dovremmo avere il minimo dubbio: viva Pippo. Nonostante tutto.

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