Per salvare il sistema bancario nazionale ed eventualmente nazionalizzare qualche istituto in crisi, la Cassa Depositi e Prestiti potrebbe raccogliere ingenti risorse a basso costo sul mercato grazie alla moneta fiscale. Il sistema bancario italiano è da tempo l’oggetto privilegiato della speculazione al ribasso. E’ gravato da 360 miliardi di prestiti a rischio dovuti non solo alla crisi globale iniziata nel 2007 ma anche, e forse soprattutto, alla stupida politica di austerità che l’Unione Europea ci ha imposto. I numerosi fallimenti aziendali dovuti alla suicida politica europea di restrizione della domanda pubblica e privata, e la cattiva (o anche spesso ladronesca) gestione di alcuni istituti bancari regionali, colpiscono tutta l’industria italiana del credito. Le banche sono soprattutto penalizzate da normative e da politiche europee squilibrate e punitive, come il bail in, che in pratica favoriscono gli istituti esteri concorrenti e puniscono i risparmiatori nazionali.

Per salvare le banche nazionali lo Stato è intervenuto in tutti i maggiori Paesi europei spendendo decine di miliardi dei contribuenti. Ma in Italia questo non si può fare, perché il nostro debito pubblico è molto elevato e perché le nuove regole Ue sugli aiuti di Stato impediscono il sostegno pubblico al comparto bancario. Le maggiori banche e istituzioni finanziarie nazionali si sono quindi coalizzate e hanno formato Atlante per intervenire sulla crisi bancaria. Ma è praticamente certo che i fondi di Atlante non saranno sufficienti per affrontare sia la crisi dei non performing loans che per ricapitalizzare le banche più colpite dalla crisi. Occorrono nuove risorse. La Cassa Depositi e Prestiti di Claudio Costamagna partecipa già al fondo Atlante, ma il problema è che non può effettuare nuovi investimenti mettendo a rischio il risparmio postale. La Cdp ha quindi bisogno di raccogliere sul mercato altro capitale per miliardi o qualche decina di miliardi.

Come fare? Esiste una possibile soluzione per risolvere la crisi.

Cassa Depositi e Prestiti può intervenire per fare ripartire gli investimenti grazie all’emissione di obbligazioni con valore fiscale. La mia proposta è che Cdp si accordi con l’amministrazione statale in modo da emettere obbligazioni con scadenza nel lungo termine (per es. 10-20 anni) con l’opzione che nel medio termine (per es. 3-5 anni) e/o in certe finestre temporali possano essere convertite in sconti fiscali – ovvero siano accettati dallo Stato per il pagamento delle tasse al loro valore nominale. Le obbligazioni con valore fiscale presentano numerosi vantaggi: innanzitutto non peserebbero sul bilancio pubblico perché Cdp – essendo una società controllata dal Tesoro e dalle Fondazioni bancarie ma formalmente privata – è fuori dal perimetro del bilancio statale. Inoltre i possessori delle obbligazioni Cdp sarebbero pienamente garantiti dal valore fiscale del titolo. La Cassa raccoglierebbe sul mercato nuove importanti risorse a basso costo, mentre lo Stato otterrebbe da parte sua un credito verso Cdp per i titoli effettivamente convertiti in sconto fiscale, e quindi non aumenterebbe il deficit pubblico. Lo Stato anzi guadagnerebbe dall’operazione.

Cdp, grazie alle nuove capacità finanziarie, potrebbe per esempio: a) fornire più capitale al fondo Atlante; b) fornire adeguate garanzie sui non performing loans; c) potenziare il patrimonio delle banche e/o entrare direttamente nel loro capitale azionario. Potrebbe attuare azioni mirate nazionalizzando almeno temporaneamente una o più banche (vedi per esempio il caso dei Monti dei Paschi di Siena). Senza nazionalizzare qualche banca diventa impossibile cambiare il cattivo management degli istituti in crisi e ridare credito e ossigeno finanziario a migliaia di piccole e medie imprese. Le obbligazioni Cdp garantite dallo Stato potrebbero finalmente fare uscire il settore bancario dalla crisi; inoltre le nuove risorse permetterebbero alla Cdp di attuare politiche industriali di grande valenza strategica (vedi Telecom/Metroweb, Ilva, piccole e medie imprese, ecc). Bisogna rendersi conto che nessun paese è mai uscito dalla crisi senza banche pubbliche e senza un deciso intervento pubblico.

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