Stamani, all’alba della Brexit, così un twitter: “Il Regno non è più Unito, viva la democrazia”, mentre un post su facebook: “L’Europa delle banche e dei tecnocrati non ha più senso”. Sul medesimo social: “Il Re è nudo. L’Europa così com’è non va più avanti”; “Vittoria della gente comune”; “Non è vero che gli insoddisfatti sono tutti razzisti e populisti”.

A Tutta la città ne parla su Rai3, Giuseppe Scognamiglio, direttore della rivista internazionale Eastwest, nonché esimio capofila di alcuni altri esperti ivi convenuti, è arrivato a definire “folle l’idea di Cameron di consultare i cittadini”. Re Giorgio, ancora ancorato ai fatti di Ungheria, ribadisce il medesimo giudizio. A ruota, un altro esperto, denunciava la nefandezza di indire un referendum nazionale in un solo paese. Nel caso la ex, verrebbe voglia di dire, Gran Bretagna la quale, sempre secondo Scognamiglio, s’avvierebbe a diventare “un piccolo, irrilevante regno”. Insomma un quasi generale “dagli a Cameron, senza tener conto del fatto che il Regno Unito, sin dagli esordi dell’unione, è sempre stato con un piede dentro e con un altro fuori dall’Unione europea.

Tanto è vero che non accettò l’euro come comune moneta di scambio, con conseguenti e fosche previsioni da parte dei soliti, saturniani esperti di sventura, ampiamente smentiti dal fatto che Londra divenne e/o comunque mantenne il ruolo e lo status di capitale della finanza internazionale. Dal canto suo, Annalisa Comparini, ricercatrice italiana a Londra, denuncia una frattura tra immigrati e cittadini britannici i quali, “non intendendo pagare per altri paesi come la Grecia, l’Italia, la Spagna e il Portogallo, con questo voto chiedono all’Europa cosa abbia fatto per loro”. Tenendo presente, aggiungo io, che la crisi degli immigrati iniziò nel 1991 ma da quella data, a molti cittadini europei e nel caso a quelli britannici, non sembra risulti che l’Europa – a parte i soliti tecnicismi, birignao & piagnistei infarciti di progressismo vieto – abbia nemmeno saputo impostare credibilmente il problema.

Come, d’altra parte, non sono state previste le conseguenze fatte salve quelle economiche e finanziarie di prammatica – conseguenti all’uscita anche di un solo paese dall’europea comunità. Nel voto, per ora solo britannico ma altri seguiranno, assieme al rifiuto della globalizzazione, emerge la rimessa al centro delle periferie e dei loro valori culturali annessi & connessi – non solo antropologici – con una sensibile tendenza alla ripresa del controllo di un sentimento, è proprio il caso di dire, della sovranità popolareFatti non più contestabili che però le leadership sembrano non voler comprendere, continuando a sottovalutare conseguenze di corto e di lungo respiro che, come dimostra la Brexit, non si fanno più attendere.

Anche grazie a una scollatura con tendenza alla rottura, del ceto dell’élite al potere che, non contento di regole dettate da tecnocrati e applicate da burocrati, categorie entrambe non elette, con poteri monarchici e tenori di vita aristocratici, che però quest’ultimi si potevano permettere, mentre i nostri (sic!) tecnoburocrati, oltre ad attingere abbondantemente alle nostre tasche nazionali e sovranazionali, ripropongono presunti codici etici politicamente corretti da seguire al di là di più che ragionevoli dubbi. Chi non ci sta, nel senso che ne ha abbastanza e vorrebbe interrompere questo gioco e/o giogo, passa da populista, razzista, xenofobo o peggio ancora. Alessandro Gori, in arte Lo Sgargabonzi, talento emergente della satira italiana, termina uno dei suoi racconti con questa battuta & controbattuta:

Eh ma questi partigiani…”, “… fascista!”.

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