Clienti che chiudono i battenti. Pagamenti in ritardo o che non arrivano. Mancanza di serietà nei rapporti lavorativi. Non è certo dalla sua “amata Italia” che Antonio Reggiani è scappato, ma dalla sua realtà lavorativa. Da due anni anni, infatti, il 44enne emiliano lavora in Olanda alla European Space Agency (ESA), un’agenzia internazionale che coordina i progetti spaziali di 22 paesi europei. “Non sono fuggito dal mio paese ma ho scelto di ricominciare all’estero per inseguire una nuova opportunità”. Un po’ di incoscienza ci vuole, racconta l’informatico, perché “se le cose non sono facili a 20 anni, a 40 di certo non migliorano. Ma avevo bisogno di un cambiamento”. Così, con la scorta anche di una recente separazione, Antonio ha scelto di trasferirsi a Leida, cittadina universitaria di 117mila abitanti tra Amsterdam e L’Aia. Cosa resta ad aspettarlo in Italia? Gli amici e i parenti, oltre alla partita Iva e a un “bel mutuo da pagare”.

Nato e cresciuto a Ferrara, Antonio nel 1998 aveva un’occupazione che amava, un’attività di consulenza informatica e sviluppo software. “Anche se non ho mai navigato nell’oro, ho lavorato abbastanza bene per molti anni”. Poi, nel 2011 la sua realtà lavorativa inizia a diventare “insostenibile”: i tempi dei pagamenti si allungano, il lavoro diminuisce e alcuni clienti iniziano a non pagare. Così la storia di Antonio si confonde con quella dei liberi professionisti affossati dalla crisi finanziaria.

“Il quadretto è presto definito e tu ti ritrovi a pagare tasse e versare l’Iva su fatture che ancora non hai incassato, e forse mai incasserai, con un simpatico circolo vizioso che prima o poi ti risucchia”. Tre anni a inseguire debitori e pagamenti. Poi, “ho iniziato a capire che era necessario cambiare aria”. Sfoglia la lista dei suoi contatti e, avendo già collaborato con un’azienda che si occupa di spazio in Germania, prova a chiedere loro se ci sono posizioni aperte come collaboratore a distanza. L’offerta, invece, è spiazzante: trasferirsi in Olanda per lavorare alla Rhea, agenzia che si occupa di fornire personale alla European Space Agency. Il ruolo proposto consiste nel dare assistenza tecnica informatica a chi lavora all’agenzia spaziale. “Certo che ci si può accontentare di una situazione lavorativa anche se non ben retribuita” o si può decidere di restare in Italia “per motivi familiari”. Ma la storia del 44enne ferrarese è un’altra. “Io ho scelto di partire, forse anche per cogliere un’opportunità che alla mia età probabilmente non è così facile sfruttare”.

Inscatolati blocchetti di contabilità e fatture, nel 2014 Antonio volta pagina e dopo sedici anni di libera professione in Italia – senza orari di lavoro né cartellino – ora si sta godendo “la sicurezza di essere pagato ogni mese, una sensazione nuova e appagante”. Le soddisfazioni professionali non sono mancate, dalla possibilità di lavorare “in un ambiente internazionale a contatto con menti brillanti” a un miglioramento economico che gli permette di fare meno sacrifici, senza dimenticare “momenti di formazione del personale”, che invece erano assenti in Italia. “Qui in Olanda ci occupiamo anche di fare assistenza tecnica durante la preparazione delle missioni di lancio dell’Agenzia Spaziale, che di solito coinvolgono parte del nostro team presso i due centri (uno in Russia e uno in Guyana francese) dove avvengono fisicamente i lanci dei satelliti”. Ma accanto all’aspetto lavorativo, per il 44enne è stato fondamentale “avere avuto la possibile di mettersi in gioco di nuovo”.

Da emigrato, la domanda che gli viene fatta più spesso da quanti sono restati è se ha in mente di tornare a vivere in Italia. “Chissà”, dice. E ripensando agli anni da libero professionista a Ferrara, quel che lo disturba maggiormente di quel periodo è la mancanza di serietà nei rapporti lavorativi in Italia. “Chi lavora con l’estero quasi mai si trova a dovere rincorrere un pagamento. Invece che trasferirmi in Olanda, avrei potuto trovare nuovi clienti e affrontare nuovi progetti in Italia. Ma sarebbe restato sempre il solito punto oscuro: ‘Verrò pagato?’”. In Olanda, invece, la peggiore difficoltà si limita “a trovare un negozio aperto dopo le 18 o avere abbastanza soldi per pagare i parcheggi. Carissimi”.

Non è il solo, Antonio, ad avere fatto questa scelta. “Nella zona dove abito ci sono tanti italiani, molti dei quali lavorano in Esa”. All’agenzia spaziale europea, infatti, la componente italiana è piuttosto vasta “anche perché Roma e Torino sfornano molti laureati in ingegneria aerospaziale”. Un piccolo esercito di neolaureati che “hanno iniziato con progetti specifici e accordi tra università italiane e centri di ricerca dell’agenzia spaziale”, per poi finire a trasferirsi nella terra dei tulipani. E anche se “si può sempre tornare indietro, magari arricchiti da un’esperienza che ti ha aperto la mente”, l’informatico sorride quando ricorda quegli italiani che in Olanda continuano a dire che “sono temporaneamente qui da 15 anni”.

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