Ferrovie Sud Est ha progressivamente smarrito la propria missione, il trasporto pubblico locale”. Negli ultimi dieci anni l’azienda ha speso 42 milioni di euro nella manutenzione di treni e autobus e 272 milioni in esternalizzazione di servizi, spese legali e consulenze. Che hanno mandato in fumo circa il 18 per cento dei ricavi, arricchendo famiglie amiche, studi legali e consulenti. Una ‘casta’ selezionata dal vertice. “L’azienda era l’amministratore unico” Luigi Fiorillo, che tra il 2004 e il 2005 ha ricevuto compensi per oltre 13,7 milioni di euro. C’è anche questo nella relazione elaborata dall’agenzia di consulenza Deloitte incaricata dal commissario straordinario della società Andrea Viero. Una due deligence contabile, fiscale e legale di 103 pagine depositata presso il ministero delle Infrastrutture in cui si ricostruiscono tutti i contratti, gli sprechi e i compensi per i dirigenti che hanno portato l’azienda ad accumulare 311 milioni di debiti e 1400 contenziosi. “Sulla vicenda squallida di Ferrovie Sud Est andremo fino in fondo. Abbiamo commissariato. E faremo pulizia totale. Il Sud cambia verso” ha scritto il presidente del Consiglio Matteo Renzi su Twitter. Mentre il ministro dei Trasporti Graziano Delrio ha annunciato: “Valuteremo l’azione di responsabilità e consegniamo ufficialmente le carte alla Procura”. Nell’attesa di un piano industriale serio “alle Ferrovie Sud Est sono già stati revocati incarichi e ridotti i costi”. Nel frattempo, però, resta l’amarezza per le cause che hanno condotto al disastro.

L’AMMINISTRATORE UNICO – L’avvocato tarantino Luigi Fiorillo ha ricoperto diversi ruoli al vertice dell’azienda per poi diventare nel 2001 amministratore unico della Ferrovie Sud Est. Gli analisti ammettono che “non è possibile ricostruire tutti i compensi entrati nelle tasche di Fiorillo nei 23 anni trascorsi in azienda”, ma dalle verifiche è emerso che tra il 2004 e il 2005 l’ex amministratore unico ha portato a casa certamente 13,7 milioni di euro. Non c’era un sistema di controlli e formalizzazione delle procedure aziendali che potesse bilanciare il suo potere. “Oltre ai compensi in qualità di organo amministrativo –  si legge nella relazione – Fiorillo ha percepito nel tempo diverse e non irrisorie forme di remunerazione. Basti pensare che come amministratore guadagnava 48mila euro, ma tra il 2004 e il 2005 gli sono stati corrisposti – attraverso un contratto co.co.co – oltre 7 milioni di euro. A questi vanno aggiunti i compensi come responsabile unico del procedimento (quasi 5 milioni dal 2008 al 2015) e quelli pagati da Trenitalia come dirigente distaccato di Ferrovie Sud Est (circa un milione).

ESTERNALIZZAZIONI – Parti importanti del funzionamento aziendale erano ‘fisicamente’ al di fuori di Fse: “Il direttore del personale svolgeva la propria attività in telelavoro da Roma”, mentre  alcune attività fondamentali per la gestione erano in toto appaltate all’estero. Nel corso degli ultimi dieci anni esternalizzare i servizi è costato 272 milioni, 26 solo nel 2015. La spesa per la gestione contabile ammonta a 83 milioni percepiti da Centro Calcolo per le buste paga (42 milioni), Bit per i biglietti (30 milioni) ed Eltel (10). Sono stati pagati, invece, 116 milioni a società esterne per i sistemi informativi, mentre per spese legali, amministrative e di consulenza Ferrovie Sud Est ha sborsato circa 73 milioni.

SPESE LEGALI DA CAPOGIRO – Fra il 2013 e il 2015 le spese legali sono passate da 1,9 fino a 8,1 milioni. Crescendo insieme ai debiti. Il caso più rappresentativo è quello dello studio legale Schiano a cui la società si è affidata totalmente, tanto che “nonostante la gigantesca mole di contenziosi – rilevano gli analisti – non c’è alcuna traccia di una direzione affari legali o almeno di un ufficio che sia stato capace di rapportarsi con i legali esterni”. Lo studio Schiano (a cui sono stati liquidati onorari per 27 milioni dal 2001 a oggi) vanta crediti con l’azienda per circa 15 milioni. L’avvocato Angelo Schiano ha fatto anche parte dell’Organo di vigilanza dell’azienda.

INCARICHI LEGALI ALL’EX PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI BARI – Fa capo all’ex presidente della Provincia di Bari Marcello Vernola e al fratello Massimo, l’omonimo studio associato al quale dal giugno 2013 al febbraio 2015 sono stati corrisposti oltre 294mila euro. In tre anni, infatti, sono stati affidati 12 incarichi, sei dei quali in uno stesso giorno, il 22 gennaio 2014. Le consulenze riguardano programmi di valorizzazione con studi di fattibilità di diverse stazioni ferroviarie, ma anche una relazione sul possibile trasporto dei rifiuti degli Ato pugliesi sulla rete ferroviaria Fse. Nel giro di 24 ore, tramite affidamento diretto lo studio ha intascato circa 110mila euro.

LA GESTIONE FAMILIARE DELL’ARCHIVIO STORICO – All’esterno era affidata anche la gestione dell’archivio storico. Fiorillo ha firmato contratti per incarichi a tre Rita Giannuzzi, Franco Cezza e Gianluca Cezza, rispettivamente madre, padre e figlio.  Per un ammontare di 5 milioni di euro, dei quali ad oggi sono stati pagati 2,9 milioni. Il primo contratto se l’è portato a casa l’archivista Rita Giannuzzi, per un compenso mensile di 8.950 (oltre a spese generale forfettarie) poi salito a 9.500.  Nel 2005, il marito dell’archivista, Franco Cezza ha ottenuto un’altra consulenza per curare l’archivio storico per un compenso di 6.650 euro al mese fino al dicembre 2012. Sono seguiti aumento e proroga. Nel frattempo è spuntata un’altra consulenza per il figlio Gianluca Cezza, che nel 2009 ha proposto a Fse di dotarsi di un sistema informatico che consente di semplificare e snellire il sistema di archiviazione dei dati attraverso i codici a barre.

GLI SPRECHI –  Tra gli esempi ricordati nel documento quello degli immobili che l’azienda aveva a Roma. Più volte il collegio sindacale aveva sottolineato l’inopportunità di spendere notevoli risorse economiche nel mantenimento di un ufficio nella Capitale, dato che là aveva sede operativa a Bari (mentre l’amministratore unico risiedeva a Roma). Per non parlare del direttore del personale che, al momento dell’insediamento del commissario, aveva abbondantemente superato i termini per l’accesso alla pensione, ma che “per motivi di salute svolgeva la propria attività da Roma”. E percepiva annualmente 220mila euro e una indennità di trasferta (per ogni volta che andava a Bari) pari a 98 euro all’ora. Un’indennità, ed ecco il paradosso, “non per recarsi fuori dall’azienda, ma per raggiungere la propria azienda”.

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