La legittimità costituzionale dell’Italicum verrà definita una volta per tutte dalla Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi, essenzialmente, sulle stesse questioni di costituzionalità che hanno portato all’abolizione della precedente legge elettorale: essenzialmente si tratta di problemi di non-rappresentatività che potrebbero sorgere con la piena efficacia della nuova legge. Sono problemi che nascono, in particolare, dalla previsione di capilista bloccati, dalla mancanza di soglie per accedere al ballottaggio e dalle “irragionevoli soglie di accesso al Senato”, che costituiscono un residuo invariato del Porcellum, dichiarato incostituzionale.

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Sono stati sollevati diversi punti in relazione alla prossima pronuncia della Corte: in particolare Angelino Alfano ha criticato il fatto che una legge, prima di essere vigente, venga giudicata dalla Corte Costituzionale. La questione in realtà è ben più ampia rispetto alla presa di posizione di bandiera del ministro dell’Interno: ci si richiama una scelta di politica legislativa operata in sede di costituente, che, a detta di Alfano, sarebbe stata violata o comunque bypassata.

Il sistema di giudizio costituzionale, in via generale, può essere anticipato o successivo rispetto all’emanazione della legge.
L’Italicum è una legge vigente, al contrario di quel che ha sostenuto Alfano: l’efficacia della legge, invece, è differita al prossimo luglio 2016. La differenza è rilevante: dal momento che la Corte Costituzionale giudica sulle leggi emanate dal Parlamento, ancorché non efficaci, il giudizio della Corte è pienamente legittimo. L’Italicum è legge dello Stato e dunque è ben possibile sottoporlo a questioni di costituzionalità. Il giudizio anticipato della Corte Costituzionale è cosa diversa: in Francia, per esempio, l’organo equivalente alla Corte Costituzionale italiana interviene in fase di scrittura della legge, prima della sua emanazione, per evitare giudizi successivi che possano creare contrasti legislativi e per ragioni di certezza giuridica.

In Italia, invece, venne scelto il sindacato successivo da parte della Corte Costituzionale per non lasciare che un organo giurisdizionale, ancorché composto anche da soggetti politici, potesse in qualunque modo interferire nelle scelte politiche ed indirizzarne l’esito senza mandato popolare.
In ogni caso, nella situazione italiana sarebbe comunque preferibile un giudizio di costituzionalità su una legge non ancora efficace, e in particolare sull’Italicum, a meno che non si voglia replicare il dibattito sulla legittimità di un Parlamento (rectius: di una Camera dei Deputati) eletto con legge incostituzionale.

Ma il punto non è questo. Se per ipotesi, in realtà molto astratta, l’Italicum dovesse uscire indenne dal giudizio della Consulta, si potrebbe pensare, finalmente, ad introdurre una seria regolamentazione delle elezioni primarie. In Italia, una delle poche legislazioni in materia di primarie è quella della regione Toscana, che prevede la sola possibilità di effettuare elezioni primarie per la scelta dei candidati al Consiglio Regionale e per il Governatore. Tutte le altre primarie sono regolamentate direttamente dai partiti che scelgono di effettuarle: una sorta di privatizzazione della consultazione pubblica, che ha fatto, peraltro, una magra figura per quanto riguarda la regolarità di esse.

A fronte di una legge elettorale che lascia poca scelta in ordine ai singoli candidati, si potrebbe rispondere con l’obbligatorietà delle primarie.
Si potrebbe attribuire al cittadino, a seconda della (sempre ipotetica) volontà legislativa, la scelta dei singoli candidati del proprio partito di riferimento oppure la scelta diretta (più consona rispetto all’Italicum) dei singoli capilista.

In questo modo si ovvierebbe alla poca rappresentatività della futura Camera dei deputati che, non per essere ripetitivi, ma per evidenti ragioni giuridiche, sarà composta in gran parte da candidati sui quali non sarà possibile esprimere preferenza diretta, e quindi illegittima.

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