slot 675

A un recente incontro a Mestre – incentrato sul futuro del Casinò di Venezia – si sarebbe dovuto parlare anche dell’evoluzione delle norme legislative che regolano il gioco pubblico in Italia. L’occasione era ghiotta, per la presenza dell’on. Pierpaolo Baretta (Pd), sottosegretario all’Economia che, nel bene e nel male (soprattutto nel male) di questa evoluzione è stato protagonista. Si prefigurava come un bel contraddittorio.
Ma all’ultimo minuto Baretta ha dato forfait (che sia perché questa classe politica non ama il confronto?) e quindi questa storia recente l’ho ricapitolata senza di lui. Provo qui a raccontarla per sommi capi, perché non bisogna dimenticare chi ha fatto cosa.

Nel luglio scorso il governo lasciava decadere il cosiddetto “decreto Baretta sul riordino delle disposizioni in materia di giochi pubblici. Grande sospiro di sollievo dei movimenti “no slot” perché questo schema di decreto conteneva delle vere porcate.

In primis annullava l’autonomia degli enti locali, in nome di una presunta coerenza nazionale: in pratica regioni e comuni non avrebbero più potuto emanare provvedimenti per limitare e prevenire l’azzardo e avrebbero visto decadere quanto già emanato. Poi, non bloccava del tutto la pubblicità all’azzardo, permettendola nei canali sportivi, i più seguiti dai giovani, quelli più a rischio di azzardopatia. Ancora, sottraeva potere autorizzativo (per l’apertura delle sale slot) ai Questori, per girarlo all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Infine recava una specifica norma (Art. 75) chiamata “salva Sisal”, perché costruita su misura per quella società. Di tutto questo avevamo già parlato in un post qui sul Fatto.

Passa qualche giorno e ci riprova il senatore Franco Mirabelli (Pd) con altri complici che presenta un disegno di legge sull’azzardo che è sostanzialmente lo stesso testo del “decreto Baretta”; ma Marco Dotti su Vita.it scopre che il testo arriva direttamente dal computer di Italo Volpe, un discussissimo dirigente dell’ADM. E anche di questo ho, a suo tempo, relazionato qui sul Fatto.

Poi vengono le concrete semplici proposte dell’on. Lorenzo Basso (Pd) e dei 5 Stelle per vietare la pubblicità all’azzardo: obiettivo minimale, ma chiaro, semplice e raggiungibile. Finalmente proposte sensate. Ma anche qui Mirabelli tenta di far saltare la calendarizzazione, proponendo di conglobare nella discussione anche il suo disegno di legge (quello uguale al decreto Baretta).

E così fra una discussione e l’altra si arriva alla Legge di Stabilità, che congloba varie norme sui giochi pubblici. Ci riprova ancora l’on Giorgio Santini (Pd), che infila un emendamento che di nuovo intende depotenziare il ruolo degli enti locali in materia di gestione dell’azzardo; appare chiaro chi sia il mandante. La manovra viene scoperta e in seguito a vibranti proteste l’emendamento viene ritirato. Di emendamenti se ne susseguono altri, anche da parte dell’on. Alberto Giorgetti, che già fu tristemente sottosegretario con delega ai giochi; per esempio si propone un perverso finanziamento che riconosce più soldi ai comuni con più slot, della serie “non rompere e incassa”.

Infine, gli emendamenti del governo, e con vari tira e molla si arriva al risultato finale, che non è certo perfetto, ma in qualche modo segna un’inversione di tendenza, il legislatore pare almeno essersi accorto del problema.

– È istituita una fascia protetta radio-tv dalle 7 alle 22… ma restano libere la pubblicità online e la comunicazione indiretta (attraverso sponsorizzazioni sportive, culturali o altro).

– Gli Enti locali avranno voce in capitolo e nei prossimi mesi discuteranno con lo Stato su limiti e distanze delle sale slot.

– Stop a nuove slot… ma sì alla sostituzione di quelle vecchie; attenzione, perché potrebbe essere possibile sostituire le vecchie slot (da €1 a colpo) dalle nuove VLT sulle quali si possono giocare fino a a €2.000 all’ora; attualmente in Italia ci sono 377.000 slot (25 miliardi di giocato) e 50.000 VLT (21 miliardi di giocato); in questo modo aumenterebbe il gioco controllato da remoto, il che può avere a mio avviso dei risvolti assai pericolosi.

– Viene aumentata la tassazione… ma a pagarla saranno i giocatori e non i concessionari, perché la restituzione delle famigerate macchinette scende dal 74% al 70%: vuol dire che per ogni euro giocato la slot ne restituisce, in media, 0,70. Trovo questa cosa pazzesca: io certo non gioco con le slot – è una cosa talmente insensata che non sono nemmeno sicuro che dovremmo chiamarlo ancora gioco – ma se proprio fossi così stolto da farlo, andrei in un casinò, dove le slot sono molto più controllate e sicure e restituiscono il 94-95% del giocato. È inconcepibile per me giocare con una restituzione del 70% quando potrei averne una del 95%.

Insomma, pur con qualche trucco e qualche inganno, qualcosa c’è nella Legge di Stabilità… prendiamolo come un incoraggiamento a proseguire nella strada per la normalizzazione dell’Italia in materia di gioco d’azzardo. Magari un’altra volta vediamo qualche idea concreta.

Chiudo tornando per un momento all’incontro cui accennavo all’inizio di questo post. Baretta annunciando la sua assenza ha mandato un messaggio (letto da Lucio Scarpa, che col suo gruppo di lavoro del casinò organizzava l’incontro) citando appunto le norme sui giochi della Legge di Stabilità. All’ascoltatore generico poteva sembrare che parte del merito andasse proprio a Baretta, ma io direi invece – da come sono andate le cose – che quel poco che si è ottenuto, lo si è ottenuto non per merito, ma malgrado Baretta e gli altri suoi scudieri.

 

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