Gli Stati Uniti non escludono una “soluzione militare” in Siria. Per sconfiggere l’Isis, soprattutto. A dirlo è il vice presidente americano Jo Biden citato dalla tv Arabiya. “Sappiamo che sarebbe meglio una soluzione politica… ma se questo non fosse possibile siamo pronti per una soluzione militare”. Le dichiarazioni di Biden innesca subito la reazione di Mosca. Una fonte diplomatica russa, parlando con l’agenzia Interfax, le definisce “distruttive”. “E’ bizzarro sentire queste dichiarazioni in un contesto in cui tutti i Paesi stanno cercando una soluzione politica, e tali minacce possono semplicemente essere distruttive”, ha dichiarato la fonte.

Biden, in visita a Istanbul, durante una conferenza stampa congiunta con il premier turco Ahmet Davutoglu ha detto che anche la Turchia è pronta un’azione militare in Siria aggiungendo che con il premier turco hanno discusso di come i due alleati Nato potrebbero sostenere ulteriormente le forze dei ribelli che lottano per spodestare il presidente Bashar al-Assad. Davutoglu ha inoltre dichiarato che sia Ankara che Washington considerano il partito curdo siriano Pyd e le sue milizie, Ypg, parte del Partito dei lavoratori curdo Pkk sono considerati gruppi terroristici: “Non vediamo la differenza tra Daesh, il fronte Nusra, il Pkk e il Pyd, noi non la vediamo”. Biden, però, ha preso le distanze per quanto riguarda la definizione di terroristi per le milizie curdo-siriane del Pyd.

Intanto i capi delle diplomazie di Russia e Usa, Serghiei Lavrov e John Kerry, hanno discusso della crisi siriana in una conversazione telefonica su iniziativa americana e hanno prestato “particolare attenzione alla necessità di formare una delegazione dell’opposizione rappresentativa e assicurare la conformità dell’agenda dei negoziati ai requisiti della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, inclusi la lotta all’Isis e agli altri gruppi terroristici e il rispetto del diritto del popolo siriano a decidere il futuro del proprio paese”. Lo riporta il ministero degli Esteri russo.  I due – sempre secondo il ministero degli Esteri russo – hanno inoltre espresso “il loro sostegno agli sforzi dell’inviato speciale Onu per la Siria, Staffan de Mistura, per organizzare i negoziati tra le autorità governative siriane e l’opposizione la settimana prossima a Ginevra per raggiungere una soluzione politica”.

Divisi e su posizioni distanti. Così si presentano i gruppi dell’opposizione siriana al regime di Bashar al-Assad a cinque anni dall’inizio del conflitto in Siria, dopo lo scoppio di inedite proteste antigovernative. A due giorni dalla data del 25 gennaio, che era stata annunciata per l’avvio dei colloqui di Ginevra, i gruppi delle opposizioni restano divisi su chi debba rappresentarli all’appuntamento destinato a slittare. Forse fino al 31 gennaio, come anticipato nei giorni scorsi ad Aki – AdnKronos International da fonti diplomatiche europee, o al 27 come suggerito dall’oppositore George Sabra.

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