Primatista mondiale alla rovescia delle linee metropolitane urbane, per lunghezza (appena 7 chilometri), durata dei lavori (il progetto è del 1982), costi (il solo tratto De Ferrari-Brignole è costato 128 milioni di euro), orari ridotti (alle ore 21 nei giorni feriali le stazioni chiudono) e passeggeri trasportati (appena 11 milioni in un anno), la metropolitana di Genova si appunta al petto l’ennesima medaglia di cartone. L’entrata in servizio dei nuovi convogli – sette – da 39 metri, in aggiunta ai 18 da 24 metri già in servizio, slitta ai primi giorni dell’anno prossimo. Con l’avvio del primo treno e poi, via via, degli altri sei convogli entro la primavera 2016. Non soltanto a singhiozzo ma a capacità ridotta.

Al capolinea di ponente di Brin-Certosa infatti i nuovi convogli non hanno lo spazio sufficiente per incrociarsi nel cambio di direzione. “Un inconveniente che saremo in grado di eliminare nel giro di un annetto”, dice a ilfattoquotidiano.it l’assessore comunale alla mobilità, Annamaria Dagnino. “Nel frattempo alcuni convogli stanno già viaggiando in fase di pre-esercizio, ossia di collaudo”. Spesa prevista per l’adeguamento della struttura e l’installazione dell’elettronica: 640mila euro. In attesa della correzione, i nuovi treni di terza generazione saranno sdoppiati, ossia non correranno in combinazione doppia, ma semplice. Come fossero treni di seconda generazione, lunghi appena 24 metri. E addio benefici per i viaggiatori. L’ordine di costruzione dei nuovi convogli è vecchio di anni e la stazione di Brin fu costruita nel lontano 1990. Possibile che nessuno fra i tecnici del comune e di Amt (l’azienda di trasporti cittadina) si fosse accorto del problema di spazio? Possibile, anzi vero.

Viaggiano in ritardo anche i lavori per l’adeguamento del nuovo deposito a Di Negro. Doveva essere completato entro il 31 marzo 2012 da Ansaldo sts. Sarà pronto a primavera assieme al parcheggio di interscambio da 175 posti auto e 62 posti-moto. La precedente scadenza era stata fissata per fine 2015. Il fallimento della ditta Carena, che aveva in carico i lavori, ha complicato e ritardato l’opera, la spiegazione dell’assessore Dagnino. La certezza riguarda i costi che ammontano alla rispettabile somma di 42,3 milioni di euro. Anche a Di Negro si è dovuto intervenire in corso d’opera tagliando una banchina, troppo lunga e ingombrante, che avrebbe compromesso il transito delle vetture.

Il progetto per dare a Genova una linea di trasporto pubblico sotterranea appare con il trascorrere degli anni sempre più modesto e inadeguato alle esigenze di mobilità di una città che si sviluppa per oltre trenta chilometri in lunghezza e conta meno di 600mila residenti. Eppure Genova sembra pensata un millennio prima per accogliere tre linee di metropolitana. Due vallate parallele tra loro che vanno al mare (Valpolcevera a ponente e Valbisagno a levante) e una lunga linea di costa da ponente (Voltri) a levante (Nervi). “Verissimo”, concorda l’assessore Dagnino. “Ma l’offerta del trasporto pubblico negli anni è cresciuta, lungo le due direttrici di costa funzionano le linee dei treni locali, la Valpolcevera è servita dalla metro fino a Certosa e in Valbisagno la circolazione degli autobus è stata velocizzata con le corsie gialle”.

La linea sotterranea corre a zig zag seguendo un tragitto tortuoso che oggi unisce la stazione di Brin-Certosa alla stazione ferroviaria di Brignole, e conta otto stazioni. E’ una sorta di tramvia sottoterra, interconnessa soltanto col traffico di superficie. Le metropolitane nelle grandi città sono un’altra cosa.

La metro della Lanterna ha alle spalle una storia tormentata e paradossale. Venne progettata all’inizio degli anni Ottanta, quando Genova sfiorava gli 800mila abitanti e al governo della città c’era la giunta di sinistra guidata dal socialista Fulvio Cerofolini. Il primo lotto dei lavori fu consegnato all’Ansaldo nel 1986, l’intervento sulla galleria di Certosa (chiusa già nel 1982, utilizzata dai tram e dopo il 1966 dagli autobus), durò sei anni. Il progetto originario prevedeva di far correre le vetture in superficie fino alla stazione ferroviaria di Principe (utilizzando i binari del treno abbandonati, un tempo a servizio del porto). Venne sostituito con il tragitto sotterraneo. Si costruirono banchine lunghe appena 80 metri e vetture più piccole dello standard. Risultato: una metropolitana leggera che sfruttava spazi e gallerie già esistenti per raggiungere il cuore della città. I lavori vennero a più riprese interrotti, per le vicende di Tangentopoli (1992), per mancanza di fondi, per inconvenienti ed imprevisti di vario tipo: politici, giuridici e tecnici e geologici. Questi ultimi toccarono l’acme quando le “talpe” dovettero fermarsi perché gli scavi sotto il palazzo della Borsa, nella centralissisma piazza De Ferrari, avevano incontrato una formazione di marna, un materiale friabile. Possibile che nessun carotaggio ne avesse verificato l’esistenza per tempo? Possibile. Anzi, vero.

Nell’inverno 2005 la metro toccò finalmente piazza De Ferrari e l’anno successivo fu realizzata la stazione di Sarzano, nel cuore della città medievale. La tratta De Ferrari-Brignole fu aperta nel dicembre 2012. Naturalmente in ritardo sui tempi previsti. Si prevede di prolungare la linea fino al quartiere di San Fruttuoso, oltre il torrente Bisagno, scavalcando la famigerata zona alluvionata più volte negli ultimi anni. E costruire la stazione sulla’era dello scalo ferroviario, utilizzando i binari del treno. Il progetto preliminare lo ha firmato non più Ansaldo ma la milanese Mm, che ha realizzato quasi un centinaio di chilometri di linee sotterrenee nel capoluogo lombardo. Tempi? Chissà. Investimenti? Il sindaco Doria nel 2014 aveva chiesto 28 milioni al ministro Lupi. Da allora, buio pesto. Come sul sistema di trasporto pubblico in Valbisagno. Là niente metro, ma una filovia. Forse.

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