Quello di Michael Platini è un ritratto in bianco e nero. Non tanto per la lunga militanza juventina, dove da calciatore in cinque anni ha vinto tutto quello che era possibile vincere, quanto per le luci e ombre che hanno contraddistinto la sua carriera: da giocatore e da dirigente. I più recenti sviluppi dell’inchiesta sulla Fifa, che non lo vedono indagato ma ascoltato dagli inquirenti come persona informata dei fatti per aver ricevuto da Blatter un pagamento “illecito” da 2 mln di franchi svizzeri,  sono solo l’ultima macchia sull’inarrestabile ascesa messianica di un uomo che ama autorappresentarsi come profeta davanti ai suoi discepoli, e che in realtà è solo un abile e consumato politico. Un amministratore in primis di se stesso, e poi dell’immenso potere che può dare il calcio, soprattutto se si ha, come pochissimi hanno avuto prima di lui, la capacità di far fruttare l’immenso talento da calciatore anche dopo aver appeso gli scarpini al chiodo.

Sono due le fotografie del Platini calciatore. La prima lo vede sdraiato sul terreno di gioco, con la testa sorretta dal gomito e la faccia annoiata, come un imperatore romano satollo sul triclinio. Ha appena segnato in finale di Coppa Intercontinentale 1985 il suo gol più bello: controllo al volo di destro, alzando la palla a sombrero sul difensore, prima di spedirla al volo di sinistro all’incrocio. Ma l’arbitro annulla, ingiustamente, e Le Roi dimostra con quel gesto tutto il suo disprezzo per l’autorità dall’alto della sua bravura. La Juve vince comunque la partita, e la Coppa Intercontinentale si aggiunge a due scudetti, due Coppa Italia, una Coppa delle Coppe e una Coppa Campioni, oltre ai tre titoli di capocannoniere che Platini porta in dote ai bianconeri. Una carriera incredibile, sempre da protagonista, cominciata con lo scudetto a Saint-Étienne e proseguita con la vittoria della Francia all’Europeo 1984 (dove è capocannoniere) e il terzo posto al Mondiale di Messico 1986.

I tre palloni d’oro vinti in successione dal 1983 al 1985 lo innalzano nell’olimpo dei più grandi di sempre. Confermando anche l’attenzione che la politica (calcistica e non solo) francese, il premio è della rivista France Football, dedica al suo ragazzo. La seconda fotografia è nelle vesti di capitano della Juve quando, dopo aver realizzato il rigore decisivo, con un sorriso smagliante mostra fiero la Coppa dei Campioni davanti al settore Z dello stadio Heysel: ma lì non ci sono più i tifosi, solo cadaveri e corpi straziati. Quello del francese è un gesto tutto politico, in ossequio alla volontà delle autorità politiche belghe, della Uefa e della Juventus, di non fermare la partita nonostante la tragedia. Platini, che per la Juventus e la Fiat degli anni Ottanta ha la stessa dirompente forza simbolica di pacificazione della marcia silenziosa dei 40mila, che a Torino segna la fine del conflitto in fabbrica, nel 1985 si conferma già abile conoscitore della ragion di stato.

Appesi gli scarpini al chiodo è brevemente allenatore e poi presidente del Comitato organizzatore dei Mondiali di Francia 1998 vinti dai padroni di casa. Fino a che nel 2001 diventa vicepresidente Fifa e braccio destro di Blatter. E qui bisogna cominciare a fare attenzione alle date. Nel 2007 Platini diventa presidente Uefa, rieletto nel 2011, anno in cui Blatter è rieletto alla Fifa con i voti europei di Platini, e nel 2015, anno in cui Blatter è rieletto con la rinuncia di Platini a sfidarlo. Da presidente Uefa Platini si dedica all’allargamento delle partecipanti alla Champions e agli Europei, e al fair play finanziario. Presentate come riforme democratiche, i provvedimenti servono in realtà ad aumentare il suo potere, con deboli e forti. Nel primo caso squadre e nazioni che si affacciano per la prima volta alle competizioni gli assicurano gratitudine, il secondo è invece un sistema che permette alle grandi squadre con più soldi di spendere di più, e quindi di confermare lo status quo.

Non manca un occhio di riguardo alla sua Francia, con favori arbitrali e la legge ad squadram nei sorteggi per i Mondiali di Brasile 2014.  Ma nonostante questo Platini è beatificato dai discepoli, e anche le sue pericolose relazioni con il Qatar passano in secondo piano. Non deve spiegare la cena all’Eliseo con il presidente Sarkozy e l’emiro Al Thani, una settimana prima che i Mondiali del 2022 siano dati al Qatar, e neppure perché dall’anno dopo il figlio Laurent comincia a lavorare per qatarioti. Ma di nuovo, attenzione alle date. Gli inquirenti svizzeri contestano a Blatter un pagamento “illecito” a Platini per lavori svolti in suo favore dal 1999 al 2001, pagamento avvenuto nel 2011. Il 2001 è quando Platini diventa vicepresidente di Blatter, sostenendolo nelle successive campagne elettorali proprio fino al 2011, anno della presunta tangente.

In questi dieci anni, a leggere le carte dell’inchiesta, è stato costruito un impero fondato sul malaffare tra corruzione e tangenti, vendita sottocosto di diritti tv, gestione criminale dell’hospitality (biglietti, alloggi, trasporti) per i grandi eventi Fifa, creazione di aziende per la gestione del marketing e dei diritti tv, poi fatte fallire, attraverso cui transitavano i pagamenti in nero. Possibile che il furbo e intelligente Platini, che ora si presenta come la faccia pulita del potere calcistico non sapesse nulla? Possibile, ci mancherebbe. Sempre nel 2011 comincia l’inchiesta del Fbi, poi proseguita dalle autorità giudiziarie svizzere e americane, e proprio in quell’anno si consuma la rottura tra i due. La gestione del caso Qatar è infatti gestita dallo svizzero a suo vantaggio, per eliminare i concorrenti e lasciare il francese in balia delle sue pericolose amicizie. Per questo nel 2015 Platini non ha la forza di sfidare il suo ex maestro, e si ritira dalla corsa alla presidenza Fifa.  Quando poi a maggio avvengono gli arresti, e comincia la caduta del re, il principe designato prova ad alzare la testa e si presenta come il paladino del regno a venire. I discepoli esultano, ma dura poco. La terza fotografia di Platini potrebbe essere, a breve, quella di una sala per gli interrogatori, con Le Roi nella veste di imputato.

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