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Camorra, a Napoli 45 arresti nel clan dei Mariano: droga, pizzo e armi

I carabinieri hanno condotto una maxi operazione. Fermati anche due ristoratori. La cosca comandava la zona dei Quartieri Spagnoli con spaccio, estorsioni e contraffazione di vestiti e orologi di lusso
Camorra, a Napoli 45 arresti nel clan dei Mariano: droga, pizzo e armi
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Una maxi operazione dei carabinieri di Napoli ha portato all’arresto di 45 persone presunte affiliate e vicine a una cosca del centro storico. Nel mirino, in particolare, i Quartieri Spagnoli del capoluogo campano, dove a esercitare il potere è il clan camorristico dei Mariano. Sono state eseguite 36 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 9 ai domiciliari: gli arrestati sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, ricettazione, traffico di stupefacenti, detenzione e porto abusivo d’armi comuni e da guerra. Tra questi anche due ristoratori, Patrizio Franco e Umberto Frattini, considerati parte integrante del clan.

La cosca, come hanno rivelato le indagini coordinate dal tenente colonnello Alfonso Pannone, si occupava di spaccio di droga, imponendo il pizzo a operatori commerciali e nella contraffazione di capi di abbigliamento e orologi di lusso, dalle scarpe Hogan ai Rolex.

E’ stato accertato anche che i Mariano hanno cercato di condizionare le elezioni del 2011 per il rinnovo della circoscrizione garantendo il proprio appoggio ad alcuni candidati.

Le indagini – coordinate dal colonnello dei carabinieri Francesco Rizzo cui è subentrato nella parte finale Pannone – sono iniziate alla fine del 2009, dopo la scarcerazione di Marco Mariano, fratello dello storico capo clan Ciro Mariano, detenuto da anni. Si è accertata quindi la piena operatività della cosca, riorganizzatasi dopo la scarcerazione del boss.

E’ emersa la facilità con la quale il boss, mentre era nella casa lavoro di Sulmona, riusciva a ottenere permessi per tornare a Napoli grazie alle certificazioni mediche rilasciate da medici compiacenti che ne garantivano il ricovero in strutture ospedaliere pubbliche e private. Qui incontrava liberamente gli affiliati al clan ai quali impartiva disposizioni, ma anche esponenti di altri gruppi criminali con i quali stringeva alleanze e si occupava di traffici illeciti. Una misura cautelare richiesta nei confronti di un medico per false certificazioni non è stata accolta dal gip.

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