Un vero proprio mondo sommerso che ha sconvolto tutto il sistema calcio. Viene descritta così la struttura governata da Luciano Moggi che per anni ha condizionato la nostra serie A. Lo sostiene la Cassazione nelle motivazioni della sentenza del processo Calciopoli, con la quale i reati contestati all’ex dirigente della Juventus (il più grave era l’associazione a delinquere) erano stati prescritti. “Un vero e proprio mondo sommerso – si legge nella sentenza – la cui carica intrinseca di offensività degli interessi ‘ultra individuali’ è stata particolarmente intensa e tale da sconvolgere l’assetto del sistema calcio, fino a screditarlo in modo inimmaginabile e minarlo nelle sue fondamenta, con ovvie pesantissime ricadute economiche”.

Secondo i giudici di terzo grado, dunque, “più che di potere si deve parlare di uno strapotere esteso anche agli ambienti giornalistici ed ai media televisivi che lo osannavano come una vera e propria autorità assoluta”. Moggi era stato condannato dal tribunale di Napoli: in primo grado al dg della Juve era stata inflitta una pena a 5 anni e 4 mesi di reclusione, poi ridotta in appello a 2 anni e 4 mesi. Il 24 marzo di quest’anno, poi, la Cassazione aveva dichiarato i reati prescritti.

Nelle motivazioni la Corte ribadisce l’estraneità dall’accusa di frode sportiva dell’ex arbitro Paolo Bertini: secondo i giudici, non ci sono elementi per ritenere che l’ex direttore di gara avesse una delle schede svizzere distribuite da Moggi. Diverso il discorso per Innocenzo Mazzini, ex vicepresidente della Figc, che per la Cassazione è stato – negli anni di Calciopoli – “l’intermediario tra Luciano Moggi e i dirigenti delle società interessati a fruire dei possibili favori dell’ex dirigente juventino” e ci sono una “congerie di intercettazioni che lo vedono indiscusso protagonista di operazioni di varia natura”. Una delle cene “conviviali” – nelle quali Moggi e compagni decidevano come pilotare il campionato – si svolse addirittura a casa sua, ricorda la Suprema Corte. Di Mazzini gli “ermellini” mettono in luce “il suo non comune attivismo nel fornire e ricevere informazioni in tempi rapidissimi; il suo fattivo e incessante interessamento nell’operazione di rielezione dei vertici federali, in favore di una fazione; l’organizzatore del cosiddetto ‘salvataggio’ della Fiorentina, implicitamente confermato dalle dichiarazioni di Diego Della Valle“.

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