Per la prima volta la Palestina gioca una partita delle qualificazioni alla Coppa del Mondo in casa. Accade oggi, contro gli Emirati Arabi Uniti. La nazionale scende in campo allo stadio Faisal al Hussein di Al Ram, a Gerusalemme est, nei Territori occupati. Una svolta storica, raggiunta grazie agli incontri che si sono tenuti nelle scorse settimane tra la federcalcio israeliana e quella palestinese sotto la supervisione della Fifa. Un evento che traccia la rotta di un dialogo ormai aperto anche sulla libera circolazione dei giocatori palestinesi osteggiata da anni da Israele. La festa che si tiene oggi ad Al Ram segue di qualche mese le forti accuse del presidente Jibril Rajoub per la difficoltà di spostamento di squadre, arbitri e funzionari; per i danni agli impianti sportivi e le difficoltà di importazione di materiali e attrezzature sportive e per la presenza di squadre israeliane nelle zone occupate.

Saranno oltre dodicimila gli spettatori presenti sugli spalti. Niente Qatar né Giordania, quindi: la nazionale palestinese può giocare davanti ai suoi tifosi, al suo popolo. La svolta è avvenuta lo scorso 26 agosto con la riunione in Svizzera del Comitato per il monitoraggio della Fifa israelo-palestinese. Un tavolo al quale siedono il responsabile Tokyo Sexwale, ex leader anti-apartheid e imprigionato per 14 anni con Nelson Mandela, oltre ai presidenti delle federcalcio israeliana e palestinese, Ofer Eini e Rajoub. E lo stesso Sepp Blatter, finito al centro dello scandalo per le mazzette nella gestione del calcio mondiale ma da tempo attivo sul delicato tema dei rapporti tra le due nazioni. Che ha già portato dei risultati prima d’oggi, come lo svolgimento della Supercoppa tra l’Ahli Al-Khalil, allenato dal globetrotter italiano Stefano Cusin e l’Ittihad al-Shujajyeh, ovvero le due vincitrici dei campionati palestinesi, attualmente non unificati a causa dei continui dinieghi dei visti da parte di Israele agli atleti della Striscia di Gaza. Problemi che si sono comunque riproposti parzialmente per la partita di ritorno, poiché le autorità israeliane avevano impedito l’accesso in Cisgiordania a tre giocatori dell’Ittihad.

Non una novità, anzi la consuetudine fino a qualche mese fa. Un anno fa l’ex calciatore e attuale assistente della nazionale Saeb Jendeya dovette rinunciare alla partecipazione alla Partita per la pace voluta da papa Francesco. La sua casa venne distrutta durante i raid israeliani sulla Striscia e il suo passaporto andò perso. Una situazione drammatica rimarcata dal cileno-palestinese Peto Kettlun, centrocampista con trascorsi anche in Italia, durante l’udienza con il pontefice e con la decisione di presenziare all’evento ma non scendere in campo. Del resto negli ultimi anni il calcio si è spesso incrociato con la cronaca. Dai colpi di fucile contro i giovani calciatori Jawhar e Adam, 19 e 17 anni, feriti a un checkpoint in Cisgiordania fino alla carcerazione senza processo del nazionale Mahmoud Sarsak.

Nonostante tutto, la rappresentativa della Palestina – che coopera anche con Coni e Figc – continua a fare importanti passi in avanti, come la prima partecipazione alla Coppa d’Asia lo scorso gennaio. Tre sconfitte in altrettante partite. Ma già allora e di nuovo oggi per la prima in casa è esserci, per il momento, la vera vittoria della nazionale palestinese.

Lo conferma lo stesso Kettlun a ilfattoquotidiano.it: “Da tre anni stiamo lavorando forte e finalmente la situazione si sta si sbloccando. Nell’ultimo anno abbiamo capito contro chi ci stavamo scontrando e grazie al supporto di un avvocato esperto in diritti umani e diritto sportivo abbiamo cambiato l’approccio ottenendo dei risultati”. Nell’ultimo congresso Fifa, la svolta con il riconoscimento della possibilità per i giocatori di Gaza del diritto di abbandonare la striscia. Poi la Supercoppa e ora una partita della Palestina nei propri territori: “Viviamo un sogno. È un passo importante non solo sotto il profilo sportivo ma anche politico – continua Kettlun – Siamo coscienti che la nazionale è la più grande opportunità di far vedere la bandiera palestinese in maniera positiva, mandando un messaggio di pace e di sportività per provare continuare a cambiare la visione del nostro popolo”.

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