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Era l’ottobre del 1991 quando salii fino all’ultimo piano di una delle Twin Towers di New York. L’ascensore che mi portò in cima al grattacelo era spazioso. La partenza mi tolse quasi il fiato: era stato progettato per coprire centodieci piani in pochi secondi. Il panorama da 415 metri d’altezza era mozzafiato.

Ma le Torri gemelle non erano solamente un’attrazione turistica. Erano anche un complesso d’affari che insieme ad altri edifici minori ospitava oltre cinquantamila lavoratori. Escludendo tutte quelle persone che nel corso della settimana le visitavano.

Dieci anni dopo, era l’11 settembre 2001 e stavo preparando l’esame di procedura civile insieme ad un’amica. Avevamo fatto una pausa quando tutte le tv nazionali si sintonizzarono su Manhattan e catturarono la nostra attenzione.

Due Boeing 767 erano stati dirottati e si erano schiantati contro le due torri che in poco tempo si sgretolarono come castelli di sabbia. “Oh my god” ripeteva terrorizzato l’uomo che riprendeva uno dei Boeing colpire come un missile una delle torri. Quel video lo si può trovare ancora online.

L’uomo dalla camicia bianca e i pantaloni scuri che precipita a testa in giù, lanciatosi nel vuoto pur di sfuggire alle fiamme che hanno avvolto gli uffici dove lavora, e l’istantanea di Marcy Borders, l’elegantissima donna di colore totalmente ricoperta dalla cenere (la soprannominarono “Dust lady”), sono solo alcune delle immagini divenute simbolo di quel tragico evento che oggi mi tornano in mente. E non solo perché l’11 settembre arriverà tra pochi giorni.

Marcy Borders si salvò scendendo a piedi per 81 piani. Mi domando che cosa le passasse per la mente durante quella corsa contro il tempo. Uno, due, tre gradini alla volta e senza mai appoggiarsi al corrimano, perché quella fortezza d’acciaio le fiamme l’avevano resa incandescente.

Poco dopo la torre si disintegrò alle sue spalle.

Aveva 28 anni Marcy Borders, all’epoca impiegata della Bank of America, il giorno in cui la sua vita prese una piega diversa. Se qualcuno pensa che sopravvivere ad un evento del genere possa fare apprezzare ancora di più la vita si sbaglia di grosso.

Marcy Borders è morta a 43 anni per un tumore allo stomaco il 26 agosto del 2015. Quasi quindici anni dopo quell’evento. Forse per la polvere che respirò quel giorno. E nelle interviste che rilasciò, ormai celebre per quello scatto che la immortalava completamente ricoperta di cenere, Marcy Borders ammise che il crollo delle Torri era da sempre il suo incubo più ricorrente e che lottava ogni giorno contro la depressione e l’alcolismo.

Dall’ultimo piano della Torre Gemella vidi un elicottero sorvolare il New Jersey mentre il sole tramontava e le finestre dei palazzi più bassi si illuminavano. Una scenografia degna dei migliori film hollywoodiani.

Per me la Grande mela era il sogno americano, un’esperienza unica da raccontare con entusiasmo. Per Marcy Borders “the big apple” era la città in cui aveva vissuto fino all’età di ventotto anni e dove sopravvisse per altri quindici.

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