Spari partiti durante una festa in strada a Detroit: un morto e nove feriti. E poi, ancora, colpi d’arma da fuoco a Philadelphia. Qui un uomo ha sparato senza un obiettivo preciso, ferendo 7 persone, tra cui un bambino di 18 mesi, una ragazzina di 11 e uno di 13, mentre era in corso una festa di quartiere. Di nuovo raffiche di proiettili in un’America dove la ferita di Charleston è ancora aperta. Sono passati tre giorni da quando Dylann Roof, 21 anni, è entrato in una chiesa della città in South Carolina frequentata da afroamericani uccidendo 9 persone di colore. Ha confessato di aver compiuto gli omicidi perché voleva “fare una guerra razziale”. E a conferma delle sue intenzioni sul web è spuntato il presunto manifesto della razza del giovane killer.

Proseguono dunque le sparatorie e con loro anche le polemiche. Per Barack Obama episodi come Charleston “in altri Paesi avanzati non succedono”. Il motivo? Per il presidente è la facilità con cui i cittadini americani possono procurarsi armi da fuoco. “Queste sono le statistiche – ha scritto su Twitter – con le armi ci uccidiamo uno con l’altro 297 volte in più che in Giappone, 49 volte in più che in Francia e 33 volte in più che in Israele”.

Poi ha aggiunto: “Le espressioni di compassione non sono abbastanza. E’ ora di fare qualcosa”. Gli fa da sponda la first lady Michelle: “Parlando con mio marito – ha detto – sappiamo che essere vicino alle famiglie colpite da tragedie come quella di Charleston non è sufficiente. Ci auguriamo e facciamo di tutto perché tragedie simili non avvengano più”. Ma se da una parte la Casa Bianca spinge per norme più stringenti sulle armi, le lobby oppongono resistenza. E per Charles Cotton, dirigente della National Rifle Association, la strage di Charleston non sarebbe avvenuta se il reverendo avesse permesso di portare una pistola in chiesa. “Otto persone sarebbero ancora vive se avesse permesso di portare le pistole in chiesa. Innocenti sono morti a causa della sua posizione su una questione politica”.

E sullo sfondo del dibattito intorno alle armi, affiora la polemica intorno alla bandiera confederata, che sventola sul palazzo del governo del South Carolina. Non è stata abbassata a mezz’asta come la bandiera dello Stato, nonostante sia stato il vessillo con cui il killer di Charleston si è fatto fotografare. Va rimossa o no? Sì, secondo l’ex candidato repubblicano alla Casa Bianca, Mitt Romney, che già nel 2008 aveva espresso la propria contrarietà alla bandiera. ” Va rimossa in onore delle vittime di Charleston” e perché è per molti è “simbolo di odio razziale”, ha detto. E sulla posizione di Romney concorda anche Obama.

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