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Quel che resta del Partito democratico: poco o Renzi

Quel che resta del Partito democratico: poco o Renzi
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Vero che in Italia un anno di politica rischia di sembrare un’era geologica. Ma in tanti pare abbiano dimenticato i valori fondanti e gli obiettivi strategici sui quali nel 2007 nacque il Partito democratico.

Doveva, più o meno all’americana (do you remember Walter Veltroni?), grazie alla sua vocazione maggioritaria, comprendere e rappresentare uno dei due poli del nuovo sistema politico. Sull’altro fronte ci doveva essere quel centrodestra cresciuto con Silvio Berlusconi e magari ereditato da qualche suo allievo.

Abbiamo visto com’è andata. Alla sua sinistra il Pd ha un’altra forza politica, Sel (per il futuro non si sa, chiedere a Landini), mentre, oltre il recinto del centrosinistra, a parte Forza Italia e Lega, si ritrova anche quell’insidiosa novità rappresentata dal Movimento 5 Stelle.

Fallimento totale, dunque, sul fronte del bipolarismo.

Avrebbe dovuto, il Pd, anche selezionare una nuova classe dirigente attraverso lo strumento delle Primarie, salvifico, stando a quello che ci raccontavano i padri fondatori, rispetto ai vecchi vizi della nostra classe politica.

Dopo otto anni, proprio oggi il leader del Pd Matteo Renzi ci dice invece che queste Primarie sarebbe meglio archiviarle.

Questione morale: era in cima alla lista delle priorità. Adesso meglio non parlarne, considerando  Mafia Capitale a Roma, quello che è successo a Venezia con il Mose, in Campania e in troppe altre parti della penisola con la brutta vicenda degli Impresentabili.

Cosa resta allora della novità Pd? Poco o niente. Anzi poco o Renzi. Al quale qualcuno farebbe bene a ricordare che tra politica, pubblica amministrazione ed economia dovrebbe esserci un fossato incolmabile. Quello che gli italiani invocavano già ai tempi della famigerata Lottizzazione in voga nella Prima Repubblica. Invece per lui il problema nemmeno esiste. Così ci tocca in sorte perfino il passaggio diretto dalla Farnesina alla vicepresidenza dell’Eni di un viceministro degli Esteri in carica: Lapo Pistelli.

Lo avessero fatto i vecchi democristiani o gli uomini di Berlusconi staremmo qui a gridare per secoli allo scandalo dell’occupazione di potere della Casta.

Renzi invece lo applaudono pure. E’ il bello del Pd. O di quello che ne resta.

 

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