La Commissione Giustizia del Parlamento europeo, titolare del dossier relativo alla riforma del copyright ha votato stamattina, a grande maggioranza (con l’esclusione di due deputati del Front National) l’attesissimo Rapporto Reda –  dal nome della Parlamentare Verde ed esponente del Partito Pirata europeo- sulla riforma del copyright.

Il Rapporto è il frutto di un lungo lavoro di compromesso tra i Gruppi parlamentari per giungere ad un testo in qualche modo condiviso. La presentazione del Rapporto ad inizio 2015 aveva scatenato le reazioni delle associazioni che rappresentano le multinazionali del settore del diritto d’autore, sostenute dalle schiere di lobbisti presenti a Bruxelles e nei Paesi dell’Unione, al punto che lo stesso parere era stato “seppellito” sotto un numero imponente di emendamenti, ben 550.

Come accade in casi come questi ora tutti più o meno rivendicano una qualche vittoria, a partire dalla stessa relatrice, il cui lavoro sfiancante  di questi mesi doveva approdare da qualche parte. I Gruppi parlamentari di maggioranza al Parlamento europeo, ovvero i socialisti ed il Partito popolare,  si sono affrettati a chiarire che l’approvazione del Rapporto, visto come fumo negli occhi dalle associazioni di tutela del diritto d’autore, rappresenta in realtà una vittoria per i titolari del copyright.

In verità il risultato a cui è giunta la Commissione Giustizia ha valenza più simbolica che altro, sia perché il Rapporto è finalizzato ad una iniziativa non legislativa: il pallino della legislazione comunitaria è infatti in mano alla Commissione europea (che si è detta pronta ad una proposta di riforma entro la fine del 2015), sia perché i molti rimaneggiamenti hanno di fatto svuotato di significato in larga parte le intuizioni di questa giovane (e bravissima) Parlamentare verde.

Alla genesi del Rapporto avevano partecipato anche diversi parlamentari italiani, ma con posizioni diverse, tra i quali l’europarlamentare Isabella Adinolfi, del Gruppo  Efdd-Movimento 5 stelle, titolare del dossier per conto della Commissione cultura, la quale però di fronte all’assalto dei parlamentari della maggioranza, che avevano presentato originariamente emendamenti congiunti, aveva deciso di votare contro il suo stesso parere, per spaccare la maggioranza e non far votare un testo che diceva il contrario di ciò che lei stessa aveva proposto.

Le proposte più interessanti, relative ad un armonizzazione del diritto d’autore nei Paesi dell’Unione ad esempio, non sono passate (la Commissione ne studierà l’impatto, tradotto in soldoni se ne riparlerà). La creazione di una norma flessibile sulle eccezioni in tema di diritto d’autore, sul modello del fair use statunitense, è stata abbandonata, per il vero e proprio bombardamento di sbarramento adottato dai potentissimi lobbisti di stanza a Bruxelles (ma con pied a terre in Italia).

Del pari non sono passate le proposte sulla obbligatorietà delle eccezioni al diritto d’autore in tutti i paesi dell’Unione. Il freedom of panorama, ovvero la possibilità che le foto degli edifici pubblici fossero royalty free non è passata, cosi come le disposizioni sulla utilizzabilità (anche per scopi commerciali) delle immagini immesse legalmente nei circuiti di foto sharing.

Il Rapporto adottato comprende la richiesta alla Commissione di approntare eccezioni vincolanti da effettuare in tutta l’Ue, su temi importanti come il diritto di citazione, la parodia, o la ricerca e l’istruzione. Attualmente, ogni Stato membro ha adottato un diverso insieme di eccezioni in virtù delle sue leggi nazionali. La relazione chiede inoltre di precisare le eccezioni da adottare nei casi di strumenti digitali di protezione del diritto d’autore di natura contrattuale o tecnica.

Passi in avanti sono stati fatti sull’abbandono del sistema del geoblocking, che impedisce la visione in Paesi diversi da quelli nei quali i   contenuti sono stati legalmente acquistati. Per la prima volta nel plesso normativo comunitario viene introdotto il concetto di e-lending, ovvero il prestito digitale delle biblioteche. Si suggerisce la tutela del pubblico dominio, ovvero di opere non tutelate dal diritto d’autore, se tali opere nascano già in digitale nella forma del pubblico dominio, senza possibilità che ne venga successivamente richiesto uno sfruttamento con altri mezzi.

Una vittoria importante, secondo la Relatrice, risiede nel fatto che non sia passato l’emendamento al Rapporto, che avrebbe concesso agli editori un cosiddetto (extra) copyright sui sunti a fine articolo, detti snippets, che compaiono sui  motori di ricerca online, oggetto di una dura battaglia legale tra Google e gli editori tedeschi.

Il paradosso risiede nel fatto che non è passata la norma che avrebbe escluso definitivamente il linking dall’ambito delle norme sulla comunicazione al pubblico di opere protette dal copyright, e dunque la necessità di autorizzazione, secondo quanto ha stabilito in una nota sentenza della Corte di Giustizia, ma viene esclusa una link o snippet tax, sulla messa a disposizione sugli aggregatori di opere editoriali, ovvero il pagamento di un copyright aggiuntivo, che avrebbe danneggiato principalmente Google.

Il Rapporto verrà votato (salvo sorprese dell’ultima ora) il 9 luglio prossimo dall’assemblea Plenaria del Parlamento europeo, poi la palla passerà alla Commissione europea.

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