A Don Andrea Gallo chiesi di scrivere la prefazione del mio libro Bisagno. Il fiume nascosto. Accettò l’invito con entusiasmo: “Belin! Ma che onore: perfino i professori di Milano…”. E mi scrisse un’email: “Bisagno è per me storia, gioia, dolore, resistenza. Nell’alluvione dei ’70 con i ragazzi siamo scesi tra le rovine, e anche recentemente. Custodire la Natura è un Comandamento (non è neppure nelle tavole di Mosè). La parola ‘Bisagno’ era il nome di battaglia del più valoroso nostro Comandante Partigiano. Di conseguenza: resistere“.

Quando don Gallo mi scrisse, pochi mesi prima di lasciarci, non aveva ancora finito di leggere il libro, ma aveva capito al volo che un saggio sui problemi idrogeologici di una vallata non è solo una faccenda idraulica. Ogni porzione di territorio ha un’identità forgiata dalle storie di cui è stata protagonista. E il torrente genovese evoca ben altri ricordi che il fango delle alluvioni nella memoria dei genovesi. A Genova besagnini sono i fruttivendoli, che un tempo coltivavano i loro orti sul letto del torrente e sulle fasce. E Bisagno fu il nome di battaglia di Aldo Gastaldi, famoso capo partigiano e medaglia d’oro della Resistenza, che morì in un banale ma sospetto incidente un mese dopo la fine della guerra. Don Gallo non aveva neanche 16 anni quando decise di salire sui monti per partecipare alla guerra partigiana. Scelse Nan, piccolino, come nome di battaglia. Seguiva le orme di suo fratello Dino, comandante partigiano. E Genova fu la prima città a liberarsi mentre le truppe alleate erano ancora a Rapallo: la Volante Severino, formazione partigiana della Val Bisagno, scese a valle il 24 aprile 1945 conquistando prima i sobborghi e poi il centro città, in appoggio ai Sap e ai ventimila cittadini che avevano iniziato a insorgere il giorno prima.

Tutti i fiumi sono “storia, gioia, dolore, resistenza”. Dal torrente Rubicone attraversato da Giulio Cesare al Gange dove il Buddha insegnò a vedere l’immensità del fiume in un litro d’acqua, all’Arno in piena che trascinò via il cadavere di Bonconte da Montefeltro dopo la battaglia di Campaldino, al Wounded Knee Creek dove massacrarono i Sioux del capo Big Foot in cerca di pace. Così fu il Bisagno in quell’ottobre del 1970 per me.

Nel 1953 Aldo Leopold scrisse che: «per conoscere l’idrologia dobbiamo guardare al comportamento collettivo del materiale biotico.» E mi sento di aggiungere che questo materiale debba comprendere anche l’uomo, le sue comunità e i suoi comportamenti sociali.

LA PROFEZIA DEL DON

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