Così sono andato a vedere questo bel film del piccione che riflette sull’esistenza mentre se ne sta seduto su un ramo. Niente da dire, un capolavorone. Mi piacciono i film che ti fanno così incazzare per quanto sono geniali, che vorresti sradicare un paio di file di poltrone e dargli fuoco, così che almeno te ne esci dalla sala un po’ più rilassato di come vorrebbe lasciarti il regista. Il genio non è mai rilassante. Una delle cose notevoli del film è che di piccioni non se ne vede, se non uno, all’inizio, impagliato dentro la teca di un museo, dove non pare che stia riflettendo. Ma forse era un colombaccio. Comunque sia, sono uscito dal bel film per dirigermi al tiepido ristoro di una pizza bio avendo per questa volta lasciato le poltrone al loro posto, e cosa non ti vedo due passi più in là? Un piccione spiaccicato nella via. Un grosso, vecchio, malandato piccione, a quanto pare.

I piccioni vanno frequentemente soggetti allo spiaccicamento urbano. Questo perché, il cinema di qualità insegna, hanno abbandonato i rami degli alberi e si attardano a riflettere dell’esistenza sui cordoli dei marciapiedi e addirittura sul manto stradale sempre più trafficato da automobilisti pazzoidi. A me non piacciono i piccioni, i colombacci di più, ma non mi va di vedere tutto questo spiaccicamento. A parte l’aspetto puramente igienico, si da il caso che io stesso mi attardi a riflettere per le vie, con di più che neanche volendo potrei risalire sui rami da cui discesero, non privi di incoscienza, i miei progenitori.

Il Fatto Quotidiano, Lunedì 2 marzo 2015